Comunità senegalese di Milano

Scheda redatta da Donatella Ferrario

Esistente dal 1980

Religione
islamica, sufismo

La migrazione senegalese verso l’Italia è iniziata negli anni Ottanta del secolo scorso, per l’instabilità economica seguita dall’indipendenza dalla Francia: da Paese di accoglienza di immigrati da altri Stati africani, soprattutto occidentali, i senegalesi si trovarono a dover migrare, prima internamente, dalla campagna alle città e poi esternamente. Da principio si trattava di arrivi stagionali: dalla Francia, Paese in cui i senegalesi per la maggioranza si dirigevano (anche per motivi linguistici), giungevano in Italia alla spicciolata attraversando il confine per la stagione estiva sulle coste, ligure e adriatica in primis. L’Italia diviene, con la Spagna, meta finale solo in un secondo tempo e la destinazione privilegiata nel nord Italia è l’area compresa tra Bergamo e Brescia, sia per la richiesta di manodopera (operai, muratori, ecc.) sia per gli affitti, più abbordabili rispetto al capoluogo lombardo.

A Milano la comunità si è ingrossata negli ultimi anni del secolo scorso e nei primi del XXI, con presenze, soprattutto maschili, impiegate in lavori edili o di vendita ambulante. Li conosciamo per lo più come vu cumprà, come loro stessi si definiscono, ma la maggior parte è in realtà impiegata in manodopera e in settori operai.

Una comunità a prevalenza maschile per la necessità di condividere l’affitto: solo in casi di stabilità economica la famiglia viene riunita e, negli ultimi anni di crisi italiana, si è assistito al fenomeno dei rientri.

La loro patria, per lo più pianeggiante, di savane e foreste, occupa la parte estrema dell’Africa sudanese, sulla sinistra idrografica del fiume omonimo, con una costa di oltre cinquecento chilometri bagnata dall’Oceano Atlantico e divisa in Grande Côte e Petite Côte dalla penisola di Capo Verde, il punto più a occidente del continente africano. La prima con dune di sabbia, i niaye, la seconda di conchiglie e paludi. L’intera costa è caratterizzata dai lunghissimi estuari salmastri dei fiumi, i bolong, chilometri punteggiati da isolotti di mangrovie con ecosistemi peculiari ma problematici dal punto di vista agricolo per la forte salinizzazione.

Il nome Senegal proviene da sunugal, in lingua wolof, che significa “la nostra barca”: la Repubblica del Senegal conta molti gruppi etnici, con predominanza wolof (43% della popolazione), i più influenti politicamente ed economicamente, seguiti da hal-pulaar (20%), serèr (17%), diola (10%, in maggioranza nella regione di Casamance), più altre minoranze.

La lingua ufficiale, dalla Costituzione del 1971, è il francese, mentre sono sei le lingue dichiarate “nazionali”: wolof, la più diffusa, diola, malinké o maninka, pulaar o peul, serere, soninké. I senegalesi sono per lo più musulmani sunniti per il 92%, con una percentuale di cristiani (6%) e animisti (2%). Si tratta di un islam moderato influenzato dal sufismo, organizzato in confraternite.

A Milano e in Italia sono arrivati per lo più senegalesi di etnia wolof: si calcola che circa due terzi degli oltre ottantamila senegalesi presenti in Italia appartengano alla confraternita Murîdiyya (da murîd, “novizio” o “discepolo”), che rappresenta così la più vasta confraternita sufi presente sul territorio italiano.

Ciò che caratterizza il credo senegalese è la coesistenza pacifica di più elementi, in un sincretismo che favorisce il dialogo e l’apertura. Coesistenza anche nei rapporti sociali tra etnie, attraverso il sistema del cousinage (termine traducibile come “cuginaggio”), una sorta di solidarietà tra differenti gruppi che permette critiche, più o meno bonarie, ma costruttive.

Il Senegal è indipendente dalla Francia dall’11 settembre 1960: il primo presidente, chiamato “padre della patria”, è stato lo scrittore poeta Léopold Sédar Senghor, che operò per un’apertura all’Occidente nella valorizzazione delle radici africane, con la cosiddetta négritude, dal termine coniato nel 1935 dall’antillano Aime Cèsaire. “La vera cultura - diceva - è mettere radici e sradicarsi. Mettere radici nel più profondo della terra natia. Nella sua eredità spirituale. Ma è anche sradicarsi e cioè aprirsi alla pioggia e al sole, ai fecondi rapporti delle civiltà straniere”.

La migrazione è, per un senegalese, frutto non solo di una decisione individuale, ma di un progetto familiare, di uno sforzo congiunto e organizzato: il respingimento è motivo di vergogna per il migrante, che viene visto come colui che ha perso un’occasione e disonora il gruppo, e la comunità degli immigrati è coesa e si struttura in una sorta di famiglia allargata in cui i più anziani sono responsabili dei nuovi arrivati. È difficile che un senegalese non ottenga ospitalità e alloggio e stazioni per la strada.

Popolo di artisti e cantori, anche a Milano i senegalesi hanno creato, negli anni, compagnie teatrali e si inseriscono in progetti artistici di vario genere. Tra questi Mamafrica, il gruppo interculturale fondato dall’attore, drammaturgo e formatore culturale, Mohamed Ba; El Ghibli, rivista online di letteratura della migrazione, diretta dallo scrittore Pap Khouma; il laboratorio teatrale Mascherenere, creato da Modou Gueye, operatore, mediatore culturale e attore. Proprio Modou Gueye dirige l’Associazione Sunugal, che ha sede, dopo un lungo periodo alla Fabbrica del Vapore, in zona Chinatown, nella ristrutturata Cascina Casottello, al Corvetto, in cui vengono ospitati eventi e laboratori all’insegna della multiculturalità. Una delle iniziative nate all’interno di Sunugal è il progetto Andèm in Senegal, curato da Aliou Diop, da anni a Milano, che offre la possibilità di conoscere il Paese africano con viaggi organizzati in estate e inverno.

Persone collegate

Pap Khouma
1957 (vivente)

Istituzioni collegate