Comunità marocchina di Milano

Esistente dal 1975
Religione Islam
Breve storia dell’immigrazione marocchina in Italia
Tra le comunità straniere in Italia, quella marocchina, con oltre mezzo milione di residenti regolari, è la seconda per grandezza dopo la romena. Presenti a Milano da più di 40 anni, i marocchini si sono insediati attraversando quattro fasi migratorie, grosso modo coincidenti con quattro diverse decadi. Nella fase iniziale, che copre gli anni ’70, sono giunti in Italia soprattutto lavoratori senza qualifica: in primis piccoli agricoltori approdati via mare dalla Tunisia, che si fermavano inizialmente nel Meridione per poi spostarsi verso il Nord. In secondo luogo, “emigranti di mestiere” che avevano già avuto esperienze di lavoro in altri Paesi europei e che si sono stabiliti nelle grandi città del Centro-Nord trovando posto nell’industria, nel facchinaggio o nel commercio ambulante. Nella seconda fase, che corrisponde agli anni ’80, ad arrivare sono ex operai, minatori e piccoli artigiani. Molti di loro provengono dalle città e hanno un livello di istruzione più alto, ma vi sono anche contadini delle regioni agricole di Beni Mellal e Beni Meskine. In questa fase la presenza marocchina in Italia si consolida, anche grazie alle sanatorie precedenti la legge Martelli (1990). L’inserimento lavorativo avviene dove c’è richiesta di manodopera: edilizia, industria, servizi di pulizia, commercio. Tra i nuovi immigrati non manca una quota di studenti, divenuti poi mediatori culturali e operatori sociali. Gli anni ’90 sono per certi versi il decennio della “ricomposizione familiare”. Resi più semplici i ricongiungimenti a livello legislativo, per la prima volta sono le donne ad arrivare in numero consistente. L’aumento della presenza femminile è un forte fattore di stabilizzazione perché, oltre a riequilibrare la composizione della comunità, avviene secondo percorsi regolari. Negli anni Duemila si assiste infine alla comparsa della terza generazione, quella dei nipoti dei primi immigrati, che assicura un maggiore radicamento nella società italiana.
Marocchini a Milano: dalla clandestinità al lavoro autonomo
La collettività marocchina a Milano conta oggi circa 8.000 persone (fonte: Comune di Milano), e mostra una distribuzione abbastanza equa tra maschi e femmine. È interessante notare come i primi immigrati, giunti in città negli anni ’70 e ’80, provenissero quasi tutti dalla provincia di Beni Mellal. Il consueto meccanismo delle catene migratorie, con il richiamo all’espatrio da parte di parenti e amici, ha reso via via più folta nel capoluogo lombardo la colonia di individui originari di quella zona. Tra le due terre si è così consolidato un legame, tanto che la cittadina di Fqih Ben Salah (circa 60mila abitanti) è conosciuta in Marocco come “la petite Milano”, proprio perché grazie alle rimesse dei suoi emigrati si è trasformata da piccolo borgo contadino in un centro moderno. Pressoché ogni famiglia del luogo vanta un parente in Italia e sono molti i caffè con nome italiano e gli edifici che si richiamano alla nostra architettura. Tornando ai primi arrivati, le loro condizioni di vita erano di grande marginalità. Quasi esclusivamente uomini, privi di visto regolare, essi hanno spesso trovato la forma più accessibile di lavoro autonomo nel commercio abusivo: tipicamente, il contrabbando di sigarette. L’attività ambulante, richiedendo continui spostamenti sul territorio e fornendo d’altronde ridotti guadagni, ha spinto molti di loro a mettere in secondo piano la necessità di una residenza stabile. La condizione abitativa prevalente è stata quindi, in una lunga prima fase, quella dell’affitto condiviso, spesso alternata con l’alloggio in centri di accoglienza comunali (il dormitorio di viale Ortles o la Cascina Rosa a Lambrate), in case occupate o perfino in baracche nelle aree più periferiche. La situazione è migliorata per gli immigrati degli anni ’90, i quali, provvisti di maggiori qualifiche professionali, si sono inseriti più facilmente nei settori dell’industria chimica, meccanica e metallurgica, come pure nell’edilizia e nei servizi. Il baricentro della collettività marocchina si è quindi gradualmente spostato nell’hinterland, più vicino alle sedi delle attività produttive. In parallelo, sono aumentati i ricongiungimenti familiari e l’accesso agli alloggi di edilizia popolare.
La Lombardia accoglie oggi quasi un quarto delle presenze complessive dei cittadini marocchini in Italia, rappresentando la prima regione (104.973, pari al 23,1% del totale) davanti all’Emilia Romagna (15%), al Piemonte (13,1%) e al Veneto (11,8%) (fonte: Ministero del Lavoro, 2017). A Milano, i marocchini si concentrano soprattutto nei municipi 4 (Vittoria-Forlanini) e 7 (Forze Armate-San Siro-Baggio), con picchi di densità nei quartieri Selinunte, Quarto Oggiaro, Lodi- Corvetto, Barona, Gratosoglio-Ticinello. Si tratta di una popolazione giovane (la fascia d’età più folta è quella tra i 35 e i 39 anni), in cui le donne sono 90 ogni 100 uomini e il numero medio di figli per donna è 2,9. Le principali aree di provenienza sono: Grande Casablanca, Fqih Ben Salah, Beni Mellal, Rabat-Salé, Ouled Aarif. Notevole è il dinamismo del lavoro autonomo, che, specie dopo la crisi economica del 2009, si è rivelato il terreno privilegiato di iniziativa imprenditoriale. Su 21.608 imprese individuali con titolare straniero registrate alla Camera di Commercio di Milano nel 2017, quelle con titolare marocchino sono risultate 1.653: il 7,6% (quarto posto dopo Egitto, 24,9%; Cina, 17,5%; Bangladesh, 12,8%). Tra i settori vocazionali spiccano il commercio al dettaglio (64,7%), le costruzioni (14,9%), i servizi (9,5%), la ristorazione (2,6%).