Comunità ebraica di Milano

Scheda redatta da Fabrizio Pesoli

Esistente dal 1805

Religione
Ebraismo

La comunità ebraica di Milano, con circa 7.000 iscritti, è la seconda in Italia per grandezza dopo quella romana e include, oltre ad una maggioranza di cittadini italiani, anche cospicue componenti etniche di provenienza persiana, mediorientale e dell’Europa dell’Est.

Da Napoleone alla belle époque

Duramente osteggiati da sant’Ambrogio, gli ebrei ebbero poco spazio a Milano nei primi secoli dell’era cristiana. In età comunale, il divieto di risiedere nella capitale del ducato per più di tre giorni consecutivi ne confinò la presenza in città quali Cremona, Pavia e Vigevano. Nel 1555 papa Paolo IV istituisce i ghetti nello Stato Pontificio, ponendo fine alla tradizionale tolleranza della Chiesa romana verso gli ebrei. La segregazione si estende presto a tutti gli Stati italiani, ma Milano va addirittura oltre e nel 1597, con il decreto del re di Spagna Filippo II, invece di creare ghetti espelle direttamente gli ebrei da tutto il ducato.

È solo con l’arrivo di Napoleone, e con l’instaurazione della Repubblica Cisalpina, che essi vengono parificati agli altri cittadini: i primi nomi registrati nella Rubrica degli Israeliti, conservata nell’Archivio Storico di Milano, portano la data del 1805. Comincia così a costituirsi una comunità ebraica milanese come sezione di quella di Mantova, che cresce rapidamente dopo l’Unità d’Italia con trasferimenti dal Piemonte e dal Tirolo. Appena una trentina nel 1820, a Milano gli ebrei sono circa 200 nel 1840 e già 700 nel 1870. Intanto in via Stampa sorge un primo oratorio dove, dal 1850, officia il rabbino Prospero Moisé Ariani. Nel 1866 la comunità milanese si rende autonoma: a consacrarne il radicamento è l’inaugurazione del Tempio di via Guastalla nel 1892, quando gli ebrei sono ormai 2mila su una popolazione cittadina di 400mila abitanti.

La crescita prosegue al volgere del secolo, con nuovi arrivi dal resto d’Italia ma anche dall’Europa orientale e dai Balcani. Nel 1910 nascono le scuole elementari di via Disciplini e il centro di via Amedei, sede della segreteria della comunità, dell’Associazione Donne Ebree d’Italia e della Federazione Sionistica. Gli ebrei ottengono anche proprie sezioni nei due maggiori cimiteri della città: a Musocco vengono traslate lapidi dal primo cimitero ebraico del Fopponino, sito in piazza Aquileia e soppresso nel 1895. Intanto la vita sociale e culturale della città si arricchisce del contributo di personalità di primo piano della comunità: Prospero Moisé Loria nel 1893 fonda la Società Umanitaria, che offre istruzione e lavoro a operai, contadini ed emigranti; Margherita Sarfatti anima un salotto artistico, culla del movimento di “Novecento”; Aurelia Josz crea nel 1902 la prima “Scuola pratica femminile di agricoltura” nell’orfanotrofio delle Stelline; i fratelli Treves diventano in breve tempo i maggiori editori italiani, dando alle stampe le opere di Verga, D’Annunzio, Pirandello…

Dall’ascesa del fascismo alla Shoah

Negli anni ’20 la comunità conta circa 4.500 iscritti. Divenuta ormai troppo piccola la sede di via Disciplini, nel 1928 le scuole vengono trasferite in via Eupili 6. Nel 1937 apre la casa di riposo per anziani in via Nievo. Nonostante le durezze del regime fascista questi sono, per gli ebrei italiani, anni di relativa tranquillità. Siglato il Concordato con il Vaticano, Mussolini ridefinisce anche i rapporti con la religione israelitica e nel 1930 approva la “legge Falco”, che garantisce alle comunità ebraiche una notevole autonomia. Tant’è che molti ebrei tedeschi, dopo l’ascesa al potere di Hitler, decidono di emigrare in Italia: la comunità milanese, già forte di 8.000 unità negli anni ’30, cresce fino a 12mila nei primi mesi del 1938, subito dopo l’annessione nazista dell’Austria.

Ma la promulgazione delle “Leggi per la difesa della razza” nell’autunno del ’38 segna una svolta drammatica. Gli ebrei vengono cacciati dai loro ruoli nelle banche, nelle assicurazioni, nelle professioni intellettuali e nelle scuole del Regno, e obbligati a dotarsi di proprie strutture educative. La comunità ebraica milanese dà quindi vita, nella sede di via Eupili, a un’istituzione che comprende scuole di ogni ordine e grado. Intanto nei locali di via Amedei nasce il Comasebit (Comitato assistenza Ebrei d’Italia), presto chiuso dalle autorità fasciste ma sostituito dalla Delasem (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei), il cui ufficio in via Vittorio Veneto, tra il 1939 e il 1941, organizza l’espatrio di 5.000 ebrei verso la Palestina e le Americhe. La persecuzione nazifascista colpisce duramente la comunità: 896 ebrei milanesi vengono deportati nei campi di concentramento e solo 50 di loro faranno ritorno. I treni della morte partono dal tristemente noto “Binario 21” della stazione Centrale, oggi sede del Memoriale della Shoah.

Dalla Ricostruzione ad oggi

Alla fine della Seconda guerra mondiale il numero degli ebrei italiani è più che dimezzato. A Milano, il censimento della comunità dell’agosto 1945 conta 4.921 iscritti. Ma, nella città devastata dalle bombe, ferve lo spirito della ricostruzione. La comunità pone la propria nuova sede a palazzo Odescalschi, in via Unione, mentre in via Cantù opera l’“Aliyà Beth”, che gestisce l’espatrio verso la Palestina di migliaia di profughi provenienti da tutta Europa. Dal 1945 comincia anche la pubblicazione del Bollettino della Comunità Ebraica di Milano, il più antico periodico israelitico italiano tuttora in attività. Il Tempio di via Guastalla, gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, viene ricostruito tra il ’47 e il ’53 secondo il progetto razionalista degli architetti D’Urbino e Gentili Tedeschi, che mantiene la facciata originale.

Dagli anni ’50 un nuovo processo di crescita investe la comunità milanese. La ripresa economica richiama ebrei un po’ da tutto il mondo, in particolare da quei Paesi arabi (Egitto, Siria, Libano, Libia, Tunisia, Iraq) dove la permanenza era divenuta difficile o impossibile dopo i vari conflitti arabo- israeliani. A questi nuovi immigrati si aggiunge un folto gruppo di ebrei persiani della città di Mashhad, che a Milano contano oggi oltre 1.500 presenze. Le varie componenti portano con sé tradizioni differenti e una scarsa conoscenza dell’italiano, sicché per un certo periodo il francese funge da koiné per l’intera collettività. Si aprono nuove sinagoghe e anche i servizi debbono adeguarsi alla crescita della popolazione. La casa di riposo di via Nievo viene spostata, nel 1952, in via Jommelli; poi nel 1973 apre la nuova residenza per anziani in via Leone XIII, sostituita nel 2008 dall’attuale sede di via Arzaga. Nel 1964 le scuole vengono trasferite in un nuovo grande complesso in via Sally Mayer: è attorno ad esso che la maggior parte dei nuovi arrivati stabilisce la propria residenza. In via Eupili restano gli uffici comunitari, la sinagoga Beth Joseph e il Cdec (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea). Negli ultimi anni si registra un flusso migratorio in uscita, soprattutto verso gli Stati Uniti, in particolare da parte di ebrei persiani che si ricongiungono ai famigliari oltreoceano, e in misura minore da parte di giovani in cerca di migliori opportunità economiche.

Persone collegate

Gino Emanuele Neppi
17 luglio 1890 - 31 agosto 1944