Orfanotrofio dei Martinitt

Sede
Orfanotrofio dei Martinitt sede di San Pietro in Gessate (1772 - 1934)
Sede
Orfanotrofio dei Martinitt sede di via Pitteri (1934 - oggi)
La fondazione
La fondazione dell’orfanotrofio maschile dei Martinitt risale alla fine del ducato sforzesco, tra il 1532 e il 1533. L’ultimo duca Francesco II Sforza sarebbe morto senza eredi di lì a poco, nel 1535. Per oltre un trentennio si erano succeduti governi diversi nel ducato e l’instabilità politica aveva trascinato con sé una precarietà economica, aggravata dalle annate di carestia e dalla propagazione di epidemie. Nel popolo il numero dei mendicanti cresceva: una moltitudine di vecchi, bambini, malati, soldati mutilati, storpi e accattoni riempiva le vie cittadine.
In questo contesto i fanciulli abbandonati a sé stessi nelle strade erano un caso piuttosto frequente e al duca stesso apparve ormai urgente provvedere alla questione. L’iniziativa fu di un nobile veneziano, Gerolamo Emiliani, il quale nelle città della terraferma veneta aveva già fondato diversi orfanotrofi e la Compagnia dei Servi dei Poveri, riconosciuta e divenuta qualche decennio più tardi la Congregazione dei Chierici Regolari di Somasca. Nella città ambrosiana, quindi, con l’appoggio ducale, sorse rapidamente l’orfanotrofio, la cui prima sede fu una casa in piazza San Sepolcro, per il ricovero di una ventina di fanciulli e fanciulle. Appena tre anni dopo Francesco II Sforza donava una casa più ampia, nei pressi dell’odierna via Morone, dove, 30 anni più tardi, sorse la chiesa di San Martino, da cui i ragazzi presero il nome di Martinitt.
Il luogo pio era amministrato da 18 deputati, appartenenti alla nobiltà cittadina, mentre la direzione interna e l’istruzione dei ragazzi erano affidate ai padri della Congregazione Somasca.
Il lavoro, caratteristica saliente dell’orfanotrofio
I fanciulli, per essere ammessi in istituto, dovevano trovarsi in assoluta miseria e non avere altra possibilità di sostentamento, dovevano appartenere alla diocesi milanese, essere orfani di entrambi i genitori e, sino al Settecento, professare la religione Cattolica.
Fin dal Cinquecento veniva loro impartita una istruzione elementare e si insegnavano quei fondamenti di arti manuali che avrebbero in seguito permesso ai ragazzi di entrare attivamente nel mondo del lavoro.
Fu questa la caratteristica che contraddistinse l’orfanotrofio nei secoli. I Martinitt imparavano alcuni mestieri artigianali e, una volta usciti dall’istituto, potevano sostentarsi con il frutto del loro lavoro. Si trattava di una accoglienza “previdente”, che mirava all’inserimento nella società di persone altrimenti fragili.
L’Istituto durante il Cinquecento e il secolo successivo ebbe una grande notorietà: il numero degli orfani cresceva e con loro crescevano anche le donazioni, i lasciti e le eredità.
Le riforme nel Settecento
Durante il Settecento il numero di orfani era così cresciuto che fu necessario provvedere a una nuova sede. Nel 1772 Maria Teresa d’Austria destinò ai Martinitt il monastero di San Pietro in Gessate, poco fuori le mura medioevali e poco lontano dal neonato Pio Albergo Trivulzio (1771).
Nel 1778 il Capitolo dei Deputati approvò un nuovo regolamento organico, sulla falsariga di quello in uso all’orfanotrofio maschile di Vienna. L’Istituto divenne laico: ai padri Somaschi furono lasciate solo l’assistenza spirituale e la conduzione di alcuni insegnamenti. Gli orfani, deposta la tonaca, vennero vestiti con una divisa in giubba e pantaloni e seguirono una rigorosa disciplina, il cui intendimento era quello di restituire alla società cittadini disciplinati e lavoratori capaci.
L’Ottocento e il Novecento
Con la fondazione della Congregazione di Carità nel 1807, l’orfanotrofio fu amministrato unitamente a Stelline e Pio Albergo Trivulzio e finalmente, all’indomani dell’unità d’Italia, nel 1863 i tre istituti divennero un unico ente.
Fu durante l’Ottocento, quindi, che le vicende dell’orfanotrofio maschile furono intimamente legate e intrecciate con quelle del Pio Albergo Trivulzio e dell’orfanotrofio femminile della Stella.
Nell’Ottocento furono introdotti nuovi corsi di studio e gli orfani vennero inviati a seguire il loro apprendistato anche presso le officine esterne della città; fu fondata anche la notissima banda dei Martinitt, alla quale poteva partecipare qualunque alunno avesse dimostrato un buon rendimento scolastico e una propensione per la musica.
I Martinitt rimasero nello storico edificio di san Pietro in Gessate fino ai primi decenni del Novecento. L’istituto ne poteva ricoverare poco più di 300, mentre le richieste di accoglienza erano in numero maggiore.
Nel 1934 fu edificato un nuovo grande stabile alla periferia est di Milano, nel quartiere Ortica, dove si trasferirono esattamente a quattro secoli dalla loro fondazione, abbandonando il centro città. Nel nuovo istituto potevano essere accolti 500 orfani, suddivisi in compagnie e collocati in padiglioni diversi, situati intorno a un cortile centrale alberato e sede di giochi all’aperto. Un unico grande refettorio accoglieva i ragazzi per la colazione, il pranzo e la cena. Grandi camerate alloggiavano le varie compagnie, suddivise per anno di nascita. Le aule dedicate al lavoro pratico ospitavano i ragazzi per i diversi corsi artigianali che venivano impartiti in orfanotrofio.