Opera pia Cucina ammalati poveri
Mense
Sede legale
Sede amministrativa dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Alciato 2 (1942 - 1943)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Anfiteatro 16 (1879 - 1900)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Volta 12 (1900 - 1930)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di piazza Vetra 6-12 (1900 - 1930)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di piazza San Pietro in Gessate 2 (1905 - 1920)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Montevideo 10 (1910 - 1930)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Pinamonte 9 (1920 - 1930)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Lombardia 85 (1926 - 1931)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Amadeo 29 (1929 - 1943)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di piazzale Ferrara (1930 - 1943)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di piazzale Lagosta 1 (1930 - 1955)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Bobbio 6 (1931 - 1943)
Sede operativa
Dispensario dell'Opera pia Cucina ammalati poveri di via Lulli 32 (1935 - 1971)
Il brodo della Contessa
Il terribile inverno fra il 1878 e il 1879 provocò gravi disagi a quella parte di popolazione che si trovava in condizione di povertà e indigenza. Diverse realtà si mossero per portare sollievo almeno ai malati e ai più bisognosi e disagiati.
Furono aperti due spacci in cui si distribuiva gratuitamente brodo agli ammalati e covalescenti e a poco prezzo per tutti gli altri richiedenti, uno in via Anfiteatro 16 e l'altro in vicolo delle Corde, in porta Ticinese. I fondi erano stati raccolti tra diversi benefattori, fra i quali il pittore Giuseppe Bertini e la signora Carolina Gerli, fondatrice dell'Opera pia dei piccoli contributi. Questi spacci restarono aperti fino alla primavera del 1879. Nel dicembre successivo Alessandrina Ravizza riaprì il centro di via Anfiteatro, dando inizio all'attività di quella che sarà l'Opera pia Cucina ammalati poveri. L'iniziativa sarà di ispirazione per altre realtà simili come quelle delle Cucine economiche inaugurate pochi anni dopo, nel 1883. La sua attività le valse tra gli assistiti il soprannome di contessa del brodo.
Dal 1887 alla cucina vennero collegati un ambulatorio medico e una sala per convalescenti, riservate ai dimessi dall'ospedale non ancora in grado di sostenersi autonomamente. Per pochi mesi l'ambulatorio fu diretto da Anna Kuliscioff, che fu però costretta a lasciare l'incarico per motivi di salute.
Nei mesi invernali si fornivano razioni giornaliere di 1 litro di brodo, 250 grammi di pane, 100 grammi di carne, 1/2 litro di latte, 1 uovo, 1/2 litro di vino rosso o 1/10 di marsala. In casi speciali si fornivano anche, dietro certificato medico, i medicinali ricostituenti che gli ammalati non potevano avere dai dispensari gratuiti cittadini. Le domande di soccorso erano accolte se accompagnate da attestato medico o equivalente; valeva anche la presentazione da parte di persona conosciuta. Soccorso immediato si prestava alle partorienti.
Nel 1889 risultavano tra i benefattori della Cucina il commerciante Romolo Rituali, l'architetto delle Cucine economiche Luigi Broggi e l'Imperatrice del Brasile, Teresa Cristina di Borbone. L'istituzione godette di due cospicui legati, quello di Cesare Todeschini, con testamento del 15 giugno 1890, e di Ernesta Franzini Bellani, con testamento del 30 ottobre 1892. I lasciti furono però acquisiti solo dopo l'erezione dell'Opera pia Cucina ammalati poveri ad Ente morale il 27 gennaio 1895. A partire da quella data crebbero le donazioni di privati ed enti pubblici, le somme raccolte con conferenze, fiere, e spettacoli teatrali.
Il riconoscimento morale
Il 15 marzo 1895 vennero interpretate dall'attrice Giacinta Pezzana, amica di Alessandrina Ravizza e figura teatrale di riferimento di Eleonora Duse, il dramma "Amori!" e l'opera "Signor Alfonso". In seguito alla crescita degli introiti fu possibile aprire nel 1899 una seconda sede in piazza Vetra 6, dove, grazie all'ospitalità concessa dal preposto di San Lorenzo, si aiutarono i malati del quartiere Ticinese. Vennero soccorse in soli 4 mesi ben 471 persone. Il Natale di quell'anno si distribuirono anche più di 200 cesti natalizi contenenti pane, riso, formaggio, pasta, vino, dolci e persino qualche giocattolo per i più piccoli. Nel 1900 venne aperto il terzo dispensario di via Volta 12.
Già alla fine dell'Ottocento Alessandrina Ravizza lasciò progressivamente la gestione delle Cucine, affidandola ad Alessandro Andreae, già presidente dell'Opera pia e dirigente della Comunità protestante lombarda. A partire da inizio secolo la fondatrice abbandonò anche il Consiglio di amministrazione. La Cucina ammalati poveri era ormai riconosciuta come uno dei più meritevoli enti di assistenza, tanto da venire premiata con il Gran diploma di benemerenza alle esposizioni di Milano del 1892 e 1894, e con Medaglia d'oro e Diploma di benemerenza alla fondatrice all'Esposizione generale di Torino nel 1898.
Nel corso del primo decennio del Novecento l'Opera pia assunse sempre più una connotazione cattolica annoverando fra gli amministratori Fermo Ratti, fratello del futuro papa Pio XI, e suo figlio Franco, che sarà anche presidente del Banco Ambrosiano. Il legame fu suggellato dalla donazione annuale che il Pontefice elargiva alle Cucine alla festa della Candelora e a Natale.
Il primo e il secondo dopoguerra
Prima della Grande guerra vennero aperti altri due dispensari, uno in piazza San Pietro in Gessate 2 e un altro in via Montevideo 4. Con il fascismo furono aperte cucine in via Pinamonte 9, in viale Lombardia 85 e in via Amadeo 29, quest'ultima inaugurata nel 1929, tutte in locali affittati all'interno dei complessi dell'Istituto autonomo delle case popolari (IACP). Negli anni Trenta continuarono le distribuzioni in questi ultimi due centri, oltre alla sede di piazza Vetra e alle nuove in piazzale Lagosta 1, piazzale Ferrara e via Bobbio 6. Nel 1936 il dispensario di viale Lombardia chiuse, mentre rimase attivo nello stesso quartiere quello in via Lulli 32, aperto poco prima. Come tutte le altre istituzioni cittadine, pur godendo del sostegno delle principali famiglie cattoliche, l'Opera pia fu soggetta allo stretto controllo da parte del regime.
Nella notte fra l'11 e il 12 agosto 1943 la sede amministrativa dell'Ente, situata in via Alciato andò completamente distrutta. Vennero recuperati l'archivio, lo stendardo, la macchina da scrivere e due stufe. Ciò che fu salvato dalle macerie venne portato nel dispensario di via Lulli, l'unico che riuscì a funzionare per tutta la guerra. L'attività delle Cucine riprese dopo il 1945 nei due dispensari di via Lulli e di piazzale Lagosta, sostenuti dalla Pontificia commissione di assistenza. Le donazioni di grandi aziende come la Bayer, la Centrale del Latte o da personalità di rilievo come il Presidente dell'Argentina Juan Domingo Peron continuarono, ma la diversa organizzazione sanitaria e la progressiva diminuzione del sostegno economico dei benefattori portò alla chiusura dell'Ente il 31 dicembre 1971.