Comitato fra profughi udinesi e friulani
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Servizi assistenziali, Aggregazione
Sede
Teatro San Martino di Corso Vittorio Emanuele II (1917 - 1918)
Sede
Teatro Dal Verme in Via San Giovanni sul Muro 2 (1918 - 1918)
Un Comitato per i friulani
Nei primi giorni di novembre venne costituito il Comitato fra profughi udinesi e friulani, con il preciso scopo di aiutare chi arrivava a Milano dopo la rotta di Caporetto e si riuniva con altri sfollati in Galleria. Questa nuova associazione vedeva tra i promotori Libero Grassi, che era stato il corrispondente da Vienna de “Il Secolo” per tutto il periodo della neutralità e poi da Udine per “Il Popolo d’Italia” dalla dichiarazione di guerra fino all’esodo, Giuseppe Della Pietra, Ernesto Liesch, e Riccardo Borghese, assessore della città di Udine, che si unì al gruppo fondatore in seguito. Ospitato presso i locali dell’Umanitaria, allora guidata da Osimo, il Comitato svolse un’efficace opera di assistenza, e già l’11 di novembre con l’aiuto della signora Lina Frigerio incominciò la distribuzione in S. Barnaba di sussidi in denaro, di indumenti e di qualunque cosa avessero bisogno. Gli aiuti erano forniti grazie alla generosità dei friulani che resiedevano da tempo a Milano, come l’avvocato Riccardo Luzzatto, il garibaldino dei Mille, all’on. Odorico d’Odorico, all’avvocato Catullo Frigerio, oltre che alle sottoscrizioni dei quotidiani milanesi grazie ai contatti di Libero Grassi, in particolare “Il Secolo” e “Il Popolo d’Italia”.
Con l’istituzione dell’Alto commissariato la situazione mutò, portando i dirigenti dei vari Comitati milanesi a darsi una struttura organizzativa più solida e a riunirsi nella Federazione profughi delle provincie irredente. Come tutte le associazioni legate ai territori di confine questa non era soltanto un’unione nata con lo scopo di concedere sostegni economici, ma riuniva in sé anche le istanze patriottiche degli irredenti. Fin da subito venne anche pubblicato il “Corriere dei profughi”, un periodico bisettimanale nato dalla volontà sempre di Libero Grassi e di altri giornalisti friulani e che raccoglieva le notizie più utili ai profughi, come l'ubicazione della sede delle amministrazioni locali, le offerte di lavoro e gli annunci di ricerca dei parenti. A questi si aggiungevano gli articoli di Guido Podrecca, socialista, fondatore a fine Ottocento del periodico satirico “L’Asino” e fervente interventista, e di altri giornalisti molto vicini alla linea editoriale del mussolinano “Il Popolo d’Italia”, in aperto contrasto con la politica del Comune di Milano di cui Caldara era esponente.
Tutti a teatro
Dopo i primi giorni di Caporetto la sede del Comitato fu posta in Corso Vittorio Emanuele 8, al Teatro San Martino, dove già aveva sede la Commissione speciale di assistenza ai profughi di Milano. Qui i profughi, vista la grandezza della struttura, potevano essere accolti in gran numero, potevano rimanere seduti e al coperto, invece di dover attendere in strada.
Chiunque giungeva in Teatro a chiedere assistenza doveva prima di tutto presentarsi al Casellario, che era diviso per ordine alfabetico ed in varie sezioni, per constatare se avesse già ricevuto altri sussidi. Nel caso in cui il richiedente fosse alla prima richiesta veniva redatta una tessera con nome, cognome, paternità, età, luogo di nascita, indicazioni dell'abituale domicilio, quello dell'immediata provenienza, della dimora a Milano, e i componenti della sua famiglia. Queste informazioni venivano confrontate con i documenti e con le indicazioni fornite dalla Prefettura e dai Comitati del loro luogo di origine. Al termine di questo controllo veniva compilata la tessera, si stabilivano i bisogni di ogni profugo e veniva fatta la prima assegnazione del sussidio. Se qualcuno dei componeneti della famiglia era in grado di lavorare questo veniva indirizzato, con apposito modulo, all'ufficio di collocamento prendendone nota nella stessa tessera. Gli aiuti in denaro venivano distribuiti nella sala, mentre per gli indumenti veniva consegnato uno specifico modulo che permetteva di andare a ritirarli al magazzino dell'Ufficio III del Comitato centrale di assistenza, che si trovava in via Ugo Foscolo 3.
La gente che s'affolla ordinata nel locale del San Martino ha l'aspetto più vario. Sono donne in grande maggioranza, perché gli uomini o sono in servizio militare o vanno in cerca di lavoro o l'hanno già trovato; alcune con abito dimesso di chi non ha avuto mai nella vita il sorriso della fortuna; altre con abito che rileva l'agiatezza temporaneamente perduta. Anche tra i pochi uomini (vecchi, quasi tutti, o ragazzi) la stessa varietà di apparenze. Nella sala d'aspetto c'è un chiacchericcio vivace, ma non tumultuoso. Molti, nell'attesa, si fanno visitare da un medico che opportunamente l'assessore per l'Igiene ha posto a disposizione per questo speciale servizio (Il Corriere dei Profughi, 2 dicembre 1917, n. 3).
Giunti a giovedì 29 novembre 1917 il numero di tessere distribuite fu già di 1660, con più di 10.000 persone assistite, per una somma in denaro erogata pari a 113.247 lire, a cui deve essere aggiunta per un stima totale altrettanta cifra per affitti, indumenti, mobili e oggetti distribuiti. Tutto in 19 giorni. Nei primi sei mesi il numero di profughi che ricorse al Comitato fu di circa 6.800 persone, che ricevettero sussidi alimentari e aiuti in denaro pari quasi a 4 milioni di lire. Un'enormità per l'epoca.
Si cambia scena
Dal 1 gennaio 1918 i profughi furono ospitati al Dal Verme, il Teatro già requisito dall’autorità militare e messo a disposizione delle associazioni e dei bisognosi. Nel grande atrio c’era la Sezione Sussidi Militari, la Sezione Macchine da Cucire, la Redazione delle ricevute e la cassa. In platea, sulla destra, era stata sistemata la timbratura delle tessere, lo schedario, i sussidi per gli affitti e i Commissari per gli assegni. Sulla sinistra invece era stata posta la sede del Comitato, con al centro l’ufficio di posta, quello delle notizie, delle distribuzione dei buoni da cucina, e l’assegnazione degli indumenti. Nelle sale laterali di destra era stata posta la Presidenza della Commissione Esecutiva, la Segreteria e una stanza che fungeva da Pronto Soccorso. All’Ufficio dattilografi erano incece state assegnate le sale di sinistra. Il palcoscenico fungeva da ritrovo comune, con anche la distribuzione di alimenti e vestiti. Nelle sale superiori erano stati sistemati una sezione periferica della Prefettura, con la quale il Comitato e i profughi dovevano necessariamente confrontarsi per i permessi e i documenti, l’Ufficio rimpatrio e i magazzini. Infine nel sotterraneo era stata approntata la cucina, nella quale lavoravano alcune profughe friulane, il refettorio e i magazzini alimentari.
Nel maggio 1918, il presidente del Comitato Riccardo Luzzatto, che era anche uno dei più munifici benefattori dell'istituzione, si dimise polemicamente dalla carica perché il Patronato cittadino aveva deciso di sopprimere, per ragioni di priorità nell’assistenza, il sussidio ai militari delle terre invase che si recavano in licenza. I contrasti fra correnti e idee politiche non fermò comunque l'assistenza, sia il Comune che il Comitato continuarono la loro attività.
Persone collegate
