Lazzaretto

Architettura civile
Il Lazzaretto di Milano, luogo destinato ad accogliere i pazienti infettivi, fu costruito per cura dell’Ospedale Maggiore all’epoca di Ludovico il Moro, tra il 1489 e il 1509; la direzione dei lavori fu affidata all’architetto Lazzaro Palazzi. Si trattava di un edificio porticato di 288 camere, che delimitava un vasto cortile quadrato, con al centro una cappella; l’ubicazione fuori da Porta Orientale (l’attuale Porta Venezia) era giustificata dalla facile accessibilità dalla città e dalla presenza dell’acqua del cavo Redefossi.
L’Ospedale Maggiore si era già posto fin dai primi anni della propria fondazione il problema di creare una struttura adeguata a fronteggiare le epidemie, ma solo la pestilenza del 1484 convinse a rompere gli indugi. Il Lazzaretto affrontò rilevanti emergenze in tre occasioni: nel 1524 (la peste detta “di Carlo V”), nel 1576 (peste “di San Carlo”), nel 1630 (peste “del Manzoni”). Durante la peste del 1576 l’arcivescovo Carlo Borromeo diede incarico all’architetto Pellegrino Tibaldi di costruire un più degno luogo di culto: una chiesa a pianta centrale aperta su tutti i lati.
Dopo la peste descritta da Alessandro Manzoni ne “I promessi sposi” il Lazzaretto dismise la sua funzione e fu adibito a diversi usi, soprattutto militari. A metà dell’Ottocento la chiesa, che in epoca napoleonica era stata restaurata da Giuseppe Piermarini e trasformata in un Tempio civico, servì da fienile, mentre il resto del fabbricato fu destinato a botteghe ed abitazione per contadini. Attraversato in seguito dalla ferrovia, il Lazzaretto fu venduto, demolito tra il 1882 e il 1890, e l’area lottizzata. Oggi ne resta un breve tratto in via San Gregorio, oltre alla chiesa, dedicata a San Carlo, e nota a Milano col nome di San Carlino.