Palazzo Archinto
Architettura civile
Attestato nei documenti di metà Quattrocento come proprietà della famiglia patrizia Del Conte, nel secolo successivo il Palazzo pervenne a un ramo dei Visconti che ne fece la propria residenza nobiliare per quattro generazioni. Ampliato nel corso del Seicento con successive aggiunte di fabbricati affacciati su via Piatti, all’inizio del XVIII secolo lo stabile aveva assunto più o meno l’estensione attuale.
Divenuto dimora del prestigioso casato Archinto, l’edificio vide il momento del suo massimo splendore nel 1730-31, quando per le nozze Archinto-Borromeo vennero chiamati da Venezia e da Bologna i pittori Giambattista Tiepolo e Vittorio Maria Bigari a eseguire due cicli pittorici che avrebbero coronato la fama del Palazzo, già celebre per la biblioteca e per le collezioni artistiche e scientifiche della famiglia (va detto che di tali collezioni non resta traccia in loco).
Venduto a inizio Ottocento, quando gli Archinto edificarono il Palazzo di via della Passione, il grande fabbricato venne infine acquistato nel 1853 dall’Amministrazione dei Luoghi Pii Elemosinieri, ossia dall’organismo che - pur attraverso numerosi cambiamenti istituzionali e di nome, da Congregazione di Carità ad ASP Golgi-Redaelli - ne ha detenuto la proprietà per il lasso di tempo più lungo della sua storia (ben 165 anni) e lo possiede tuttora.
Bibliografia
Alessandra Kluzer, Il Palazzo Archinto di via Olmetto, in "Il tesoro dei poveri", a cura di M. Bascapè, P. Galimberti e S. Rebora, Silvana Editorale, 2001, pp. 36-40
Monica Resmini, Sviluppo architettonico di Palazzo Archinto, in "Il tesoro dei poveri", a cura di M. Bascapè, P. Galimberti e S. Rebora, Silvana Editorale, 2001, pp. 41-49