Casa di Lavoro per disoccupati

Scheda redatta da Rossella Raimondo

Inaugurata nel 1907 a Milano nella sede ufficiale della Società Umanitaria, la Casa di Lavoro è stata, insieme all’Ufficio di Indicazioni, una delle prime istituzioni ideate e realizzate per volontà del fondatore, Prospero Moisé Loria.

 

Le finalità

In un contesto caratterizzato da una grave crisi economica, la Casa di Lavoro nasceva per combattere i dannosi effetti della disoccupazione, sia nelle loro ricadute su benessere psicofisico e stile di vita, sia nelle conseguenti dinamiche dell’immissione nel mondo del lavoro di persone disposte a offrire prestazioni in cambio di compensi irrisori. Il tipo di aiuti qui offerti non seguiva più i dettami del tradizionale assistenzialismo, fondati sull’elemosina e sullo spirito caritatevole, ma attribuiva una funzione primaria all’attività lavorativa, intesa non solo come mezzo per il sostentamento materiale, ma soprattutto come elemento che “offriva all’anima un ristoro”, “ridava la fiducia in se stessi e la speranza negli altri”.

 

L'anima della Casa: Alessandrina Ravizza

Affidata alla direzione di una figura mitica dell’assistenza milanese, Alessandrina Ravizza, ancora nel pieno delle forze nonostante fosse ormai avanti negli anni (era nata due anni prima delle Cinque Giornate), la Casa di Lavoro accoglieva per un periodo pari a tre settimane, uomini e donne disoccupati, offrendo, nell’attesa che questi trovassero nuove occupazioni, un letto, cibo e lavoro. L’istituto si strutturava in cinque diversi reparti, adibiti a confezione e riparazione di biancheria, scritturazione di indirizzi/copisteria, giocattoli, cartotecnica e falegnameria. In questi ultimi due reparti si avviò, a partire dal 1908, la produzione del materiale didattico e del mobilio commissionato da tutte le Case di Bambini che cominciavano ad istituirsi in tutta Italia e anche all'estero.

Alessandrina Ravizza alla Casa di Lavoro per disoccupati

 

 

 

 

Un porto franco dalla miseria

A un anno e mezzo dall’apertura, Alessandrina Ravizza evidenziava gli ottimi risultati raggiunti, descrivendo questo istituto in questi termini:

 “un porto franco dalla miseria, dalla disperazione, dall’abbattimento, un’opera buona”, in grado di “rialzare chi è caduto” e di accogliere “anche dei bravi e volenterosi lavoratori che […] hanno dato larghe prove di buona volontà e zelo”.

Nel periodo in cui funzionò (poco più di un decennio), la Casa di Lavoro attraversò periodi altalenanti, con ricorrenti problemi finanziari, e attacchi da parte di settori della sinistra. Ma l’anima di fuoco di Alessandrina Ravizza ne difese fino alla fine il modello, il valore, la concretezza: la Casa di Lavoro dava assistenza materiale e appoggio morale, ridando sicurezza e speranze a esistenze martoriate dalla sofferenza che, finalmente, nei vari reparti, “hanno l’impressione di tornare a galla, dopo aver agonizzato fra le morse dell’asfissia”.

 

La Casa di Lavoro per piccoli "randagi"

Piccoli vagabondi di Milano (1915 ca - Archivio Storico Umanitaria)

Le difficoltà aumentarono negli anni della prima guerra mondiale, ma le numerose iniziative intraprese per far fronte alla situazione di emergenza produssero un nuovo aumento del numero degli assistiti e la riapertura di alcuni reparti. Tra queste è possibile ricordare l’istituzione delle scuole per disoccupati, di laboratori per indumenti militari e soprattutto di una Casa di lavoro dei piccoli, che rappresentò l’exemplum di un nuovo modo di assistere i più piccoli: questa struttura proponeva un programma educativo che prevedeva un’ampia gamma di attività che miravano all’apprendimento di un mestiere, considerato non solo dal punto di vista professionale, ma anche formativo, inteso quale potenziale strumento di riscatto sociale, che avrebbe consentito ai ragazzi di trovare un lavoro nelle numerose officine della città, una volta usciti.

 

L'eredità morale della Ravizza

Dopo la morte della Ravizza (il 22 gennaio 1915), la Casa di Lavoro continuò a funzionare nella sua opera di assistenza a favore dei disoccupati; nel giro di un mese, l’Umanitaria decideva di affidare il delicato compito di proseguire le volontà della Ravizza ad un Comitato di “sue amiche devote e discepole, illuminate e benefiche signore”, ovvero Linda Malnati, Adelia Alessi, Luisa Vacchelli, Bambina Venegoni, Sima Pizzorno Eighenson, Lavinia Mondolfo, Gemma Cenzatti, Teresa Beretta Ornaghi, Rebecca Calderini Berettini, Antonietta Martinazzoli.

Alla fine della Grande Guerra tale attività sociale venne definitivamente sospesa.

Persone collegate

Linda Malnati
19 agosto 1855 - 22 ottobre 1921
Alessandrina Ravizza
1846 - 22 gennaio 1915

Istituzioni collegate