Una casa per i trentini

Scheda redatta da Francesco Lisanti

Serve aiuto!

La Colonia di piazza delle Armi, dove furono presi in affitto gli stabili dal 12 al 16, fu approntata fra il 24 e il 26 maggio 1916, in seguito all'offensiva austriaca sugli Altipiani. Quest'ultima aveva provocato una nuova grossa ondata migratoria di profughi dal Trentino, costringendo Milano ad uno sforzo di accoglienza maggiore. Il Commissario civile, il marchese Cassis, chiese quindi al Senatore Esterle, presidente della Commissione dell'Emigrazione Trentina, se la Commissione stessa fosse in grado di aiutare chi fuggiva dal conflitto. Avuta risposta affermativa:

il 26 maggio milleduecento profughi della Valsugana venivano affidati, appena scesi dal treno, alle cure della Commissione, che diede loro alloggio in un sufficiente numero di appartamenti in un corpo di case in Piazza d'Armi, una delle più salubri e più adatte località di Milano. I profughi ebbero in comune vitto ed alloggio; vennero istituiti un ambulatorio medico ed un'infermeria, un bagno, una scuola serale, un gabinetto di lettura, un grande laboratorio femminile con più di 300 macchine da cucire, una falegnameria, una calzoleria, ecc. (Giovanni Pedrotti, I profughi di guerra nel Regno).  

L'organizzazione della Colonia

E' difficile fare una stima di quanti profughi passarono per la Colonia. La Commissione con l'apertura di questa non voleva però dare solo un posto dove dormire a chi non aveva una casa, ma voleva che questa diventasse un punto di riferimento e di integrazione nella nuova città atraverso l'istruzione, il lavoro e l'assistenza per ogni esigenza. 

All'interno della Colonia tutti i servizi erano fatti dai profughi stessi, anche se la maggior parte de trentini trovò in seguito un impiego impiego nelle fabbriche di Milano e provincia.

Bambini profughi alla Colonia (Il martirio del Trentino, Trento 1921)

Gli edifici erano a poca distanza da due linee tramviarie, utile collegamento con il resto della città, e di fronte ad essi vi era un doppio viale alberato che terminava con il parco, dove gli anziani si potevano riposare e i bambini giocare. Gli appartamenti erano tutti indipendenti, ognuno composto da tre locali e da una cucina, tutti rigorosamente forniti di acqua potabile, impianto di riscaldamento ed illuminazione elettrica. Questi alloggi furono assegnati a singole famiglie e di regola, in ogni stanza, non vi dovevano essere più di tre o quattro persone, per evitare il sovraffollamnto. La cucina comune doveva servire quale locale mensa e di ritrovo. 

In un primo tempo l’Unione Cooperativa di Milano aveva infatti fornito delle cucine da campo provvisorie, che vennero in seguito sostituite da quelle stabili, capaci di fornire giornalmente pasti a 1200 persone. Accanto a queste furono collocati i magazzini di generi alimentari. La gestione della cucina era affidata all’Ufficio di Amministrazione Comunale che collaborava con alcuni profughi per farla funzionare al meglio. Il menù era vario: durante la settimana veniva servita tre volte la carne, venivano fornite razioni che comprendevano sempre settimanalmente 480 grammi di pane, 500 di verdura, 400 di polenta, 80 di formaggio ed un minimo di 6 litri di zuppa. La mattina come colazione veniva servito caffè con latte. Se gli abitanti della Colonia necessitavano di cure potevano rivolgersi all'ambulatorio medico, dove era stata allestita un'infermeria con 6 letti ed una sala operatoria completa.

Laboratorio alla Colonia (Il martirio del Trentino, Trento 1921)

A capo di questa piccola unità medica venne messo a capo come volontario il dott. Gerardo Fraccari, medico comunale, che rifiutò qualsiasi compenso per questo lavoro. L’Ambulatorio entrò in funzione nel maggio del 1916, e fino a dicembre di quello stesso anno furono 1814 le visite da lui effettuate. 

Scuola e lavoro

A Milano dal Trentino oltre agli adulti arrivarono anche i bambini, fra cui 146 di età compresa tra i 3 e i 6 anni, e 264 fra ragazzi e ragazze tra i 6 e i 14 anni. Sorse quindi la necessità di provvedere alla loro istruzione. Venne così aperto un Asilo infantile collocato in un’ala dello stabile, con due sale rivolte a sud e ben illuminate, arredate con tutto ciò che era neccessario fornito dal Comitato Lombardo Unione Nazionale degli Insegnanti. Essendo la Colonia stata aperta a maggio, fu più problematico avviare una scuola per i più grandi con l'anno scolastico che volgeva ormai al termine. In vista del successivo ottobre si provvide però fin da subito ad impartire lezioni private nel vicino edificio scolastico di via Rosari, messo anch'esso a disposizione dal Comune. Furono formate quattro classi, due maschili e due femminili, nell'attesa che venisse aperta una scuola serale alla Colonia.

Gabinetto di lettura alla Colonia (Il martirio del Trentino, Trento 1921)

Per gli adulti venne allestita una sala comune di lettura e conversazione, una biblioteca con più di 600 libri offerti dal Consorzio delle Biblioteche Popolari di Milano e dalla biblioteca di Brera, ed una sala cinematografica per le proiezioni cinematografiche.

Per ottenere un lavoro i profughi dovevano rivolgersi all'ufficio di collocamento. Questo poteva procurare un'occupazione all'interno della Colonia, dove per le donne in gravidanza, o con prole da allattare, o senza marito e quindi sprovviste di mezzi economici, vennero approntati due laboratori: uno di cucito a macchina e l’altro per confezionare i sacchi da trincea. Nel primo laboratorio si cucivano gli indumenti per i bambini della Colonia, per gli Ospedali e per i vari Istituti che fornivano assistenza a Milano e che avevano bisogno di adattare capi di vestiario. Per gli uomini invece il Comune di Milano mise a disposizione gli “orti di guerra”, dove alcuni gruppi di profughi provvedevano al dissodamento e alla semina di un terreno di quattromila metri quadri vicino alla Colonia stessa, dato in comodato d’uso. La produzione di questo terreno bastava a sfamare gli abitanti di piazza d'Armi, con in più un'eccedenza che veniva venduta al mercato locale. Altri trovarono invece lavoro nelle fabbriche al di fuori della Colonia. In breve tempo questi ultimi, grazie anche ai sussidi in denaro, potevano lasciare le case in piazza d'Armi e spostarsi in un'altra casa in affitto, lasciando quindi il posto ad altri profughi sopraggiunti nel frattempo dalle terre irredente. L'avvicendamento era continuo. A dirigere questa grandissima organizzazione venne chiamato Mario Rizzoli, stipendiato dalla Commissione per l'Emigrazione Trentina con 300 lire, fino al 1918, ed in seguito, da giugno di quell'anno, sostituito da Adone Tomaselli di Strigno.