Una cartolina da Vienna. Milano in aiuto dei bambini viennesi dopo la prima Guerra Mondiale

I bambini di Vienna
La cartolina è una delle tante che il direttore dell’Istituto Derelitti riceve dai piccoli ospiti viennesi che sono stati accolti per qualche tempo nell’Istituto durante i primi mesi del 1920.
Non si tratta però di uno scambio culturale, simile a quelli che gli studenti sperimentano oggi con grande successo. In questo caso è il Comune di Milano a promuovere una iniziativa di fraternità umana, solidarietà concreta e conforto a bambini viennesi sfiniti dalle privazioni della guerra da poco conclusa, accogliendoli per qualche tempo in Italia, fornendo cibo, cure mediche e istruzione.
Parte il treno dei soccorsi
La triste condizione dei bambini viennesi, malnutriti, affamati, malati, a causa delle privazioni del lungo conflitto, aveva provocato una viva impressione negli osservatori delle organizzazioni internazionali presenti in città dopo la fine della guerra. Furono anzi le missioni militari come quella britannica o americana a sollevare il velo dalle sofferenze dei civili nella capitale austriaca, fornendo per prime gli aiuti alimentari più urgenti. Questa drammatica realtà fu d'ispirazione, tra l'altro, a Eglantyne Jebb, dama della Croce Rossa durante la Prima guerra mondiale; colpita durante il servizio che aveva prestato dalle sofferenze inflitte dalla guerra ai bambini, avrebbe fondato a Londra il 19 maggio 1919 l'organizzazione Save the Children per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini.
Il 23 dicembre 1919 dalla stazione di Milano partì un convoglio formato da 10 vagoni che comprendevano una dispensa con viveri per 500 persone e 8 carrozze destinate al viaggio di bambini viennesi verso l’Italia. Sul treno viaggiavano il sindaco Caldara, gli assessori all'igiene e alla beneficenza, il dott. Alessandro Schiavi come consulente ai problemi sociali e quattro medici tra i quali Virgilio Ferrari, futuro sindaco di Milano. La delegazione fu ricevuta dal borgomastro di Vienna.
Altri treni simili furono organizzati dai comuni socialisti di Bologna e Reggio Emilia e da associazioni proletarie di Ravenna. Aderirono in seguito altri comuni del Piemonte, della Lombardia, della Liguria e numerose associazioni operaie. Con due spedizioni successive furono accolti nel Nord Italia oltre 2000 bambini tra i quattro e i dodici anni, ospitati per un periodo di quattro mesi negli istituti per minori, nelle colonie climatiche liguri, sui laghi lombardi e presso famiglie. Il Comune di Milano si assunse l’organizzazione dei nuovi associati lombardi, piemontesi e liguri alla beneficenza ai piccoli viennesi.
Il soggiorno a Milano e nelle altre località
Le colonie climatiche liguri del comune di Milano, di Busto Arsizio, delle Case dei ferrovieri, della Cassa di soccorso tranvieri, dell'Istituto Santa Corona e di altri enti aprirono le porte ai giovani ospiti: altri, come la Società Umanitaria, misero a disposizione le residenze di campagna e al lago (Coquio S. Andrea, Pallanza, Intra ecc.). L'Istituto Derelitti accolse una ottantina di bimbi tra il collegio di Milano, riservato ai maschi più grandi, e la residenza di Oleggio per le bambine e i piccoli. Ripuliti, rivestiti e curati, i bambini ricevevano una alimentazione completa e regolare, in grado di risanarli dalle malattie causate dalla denutrizione. La scheda personale di ciascuno riportava i progressi e l'aumento del peso.
A titolo di esempio mostriamo a fianco il fascicolo personale di Karl Halla, dal quale si può constatare un aumento di peso da 30 a 36 kg in quattro mesi di permanenza in Istituto. Riconoscente per il buon trattamento ricevuto Karl, una volta tornato a casa, scrive una cartolina di ringraziamenti al Direttore dell'Istituto Derelitti. La cartolina testimonia anche la buona confidenza acquisita con la lingua italiana durante il suo soggiorno.
Il ritorno a Vienna

Il 21 maggio partirono dalla stazione di Milano gli ultimi due treni che riportavano i bambini dalle loro famiglie in Austria. Il Sindaco Caldara accompagnò a casa la gran parte dei piccoli che avevano soggiornato nel nord Italia. Solo per quattro di loro le cure climatiche non ebbero effetto. Al loro ritorno i ragazzini e le autorità italiane furono accolti dal vice Borgomastro Winter, a dimostrazione della piena riuscita operazione umanitaria e della ritrovata pace dei due popoli. Emilio Caldara dichiarerà infatti durante il pranzo offerto dal Sindaco di Milano alla stampa viennese:
una promessa, che sia sopra tutti i partiti: che nessuno più di fronte ad un bambino debba pronunciare una parola di odio contro un altro popolo (Arbeiter Zeitung, 27 maggio 1920).
L'opera umanitaria fu completata dal soccorso portato ai cosiddetti "bimbi del Piave", cioè i piccoli provenienti da quella zona che fu la più tormentata durante la guerra, e di cui i delegati del Comune di Milano constatarono la desolazione e il bisogno di aiuto. Così la città milanese decise di ospitare temporaneamente anche i fanciulli del Piave che vennero accolti come i loro coetanei viennesi.
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