Bagni pubblici a Milano
I bagni pubblici a Milano
La presenza di bagni pubblici a Milano tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo, sia a gestione privata che comunale, rispondeva a diverse esigenze della popolazione: ristoro e pulizia dei viaggiatori, pratica sportiva e refrigerio dalla calura estiva, pratiche igieniche per chi non aveva a disposizione un bagno nella propria abitazione. Per fare un esempio, secondo il censimento del 1931, a Milano su un complesso di 280.000 abitazioni, solo 68.000 (cioè il 25%) erano dotate di un bagno. A questo problema il Comune di Milano tentò di far fronte con la costruzione di diversi complessi balneari, a partire dalla fine del XIX secolo.
Alla fine dell'Ottocento
Si trattava di strutture a conduzione privata, ma con convenzioni con il Comune a prezzi calmierati.
Bagno Castelfidardo: fu costruito nel 1870 su un terreno di proprietà comunale tra le vie Castelfidardo, Bastioni di Porta Nuova e via San Marco, con ingresso da via Castelfidardo 9, per la Società anonima dei bagni e lavatoi pubblici. Il complesso, oltre a docce, spogliatoi e altri servizi metteva a disposizione del pubblico tre vasche natatorie, alimentate dale acque della Martesana: un grande bacino di m. 80X35, destinato ad un pubblico popolare che, per convenzione con l'amministrazione comunale, pagava un prezzo ridotto, una vasca più piccola per un pubblico di prima classe e una più ridotta riservata alle donne. Le vasche vennero colmate alla fine degli anni '10 del Novecento e gli edifici in parte utilizzati dall'Istituto Oftalmico
Bagni Diana: era una piscina all’aperto, nel quartiere di Porta Venezia, inaugurata nel 1842 e chiusa nel 1909 per far posto al teatro, all’albergo e al ristorante Kursaal Diana, un bellissimo edificio liberty con una sala da ballo e un teatro da 850 posti ispirato alla belle epoque pargina. Era alimentata dalla roggia Gerenzana, proveniente dal Naviglio Martesana era stata costruita su progetto dell’architetto Andrea Pizzala.
La vasca misurava 100 metri ed era larga 25 e il complesso dei bagni si estendeva fra le vie Nino Bixio, Giuseppe Sirtori, e Paolo Mascagni; comprendeva 120 cabine, un ristorante, un caffè e un grande giardino alberato.
Riservato inizialmente agli uomini, solo nel 1886 fu aperto anche alle donne, ma con orari e spazi riservati. Nei bagni Diana venivano impartite lezioni di nuoto tenute da istruttori inglesi. Era frequentato da famiglie abbienti e nello stabilimento era richiesto un comportamento più che decoroso.
Bagno Nazionale: gestito dalla società Malgarini si trovava fuori Porta ticinese; fu costruito nel 1869 su progetto dell’architetto Sfondrini, sfruttando le del Ticinello, provenienti dalla Darsena. Più popolare del bagno Diana, offriva bagni con vasche, docce e una vasca per il nuoto di 120x23 metri. Venne demolito dopo pochi anni per necessità edilizie.
Bagno Ticino: Anch'esso di breve durata, era semplicemente costituito dalla sistemazione di un tratto della roggia Boniforti, nei pressi di via Argelati. Lungo le due sponde del canale si trovavano semplici camerini per il cambio degli indumenti. A disposizione dei nuotatori uno specchio d'acqua di mq. 1.100 derivato dall'acqua corrente della roggia, un prato e una piccola terrazza. Fu demolito per la sistemazione urbanistica di tutta l'area circostante, nei primi anni del Novecento.
Bagni privati più piccoli, con soli servizi di vasche e docce, si trovavano nelle zone del centro in via Pantano, c.so Vittorio Emanuele, via Pasquirolo, via dell'Annunciata ecc.
L'inizio del nuovo secolo
Dopo la chiusura dei bagni Nazionale e Castelfidardo tra il 1885 e il 1890, la città fu privata delle due più grandi vasche per il nuoto; allo stesso tempo si facevano più pressanti le esigenze igieniche di una popolazione sempre più in crescita, alle quali non potevano ovviare i soli bagni privati. Nel corso di pochi anni il Comune apri al pubblico diverse strutture:
Bagno della Palanca: così detto per il modesto costo di ingresso - solo un soldo - a una struttura del tutto provvisoria. Fu inaugurato nel 1890, delimitando con una semplice cesata di legno un tratto della Martesana al Ponte delle gabelle. Il rustico ma popolarissimo bagno, dotato di poche baracche di legno, fu riallestito ogni estate fino al 1909, contando una media annuale di 36.000 utenti
Bagno San Marco: risale al 1894 la prima apertura di un bagno pubblico comunale funzionante tutto l'anno con bagni e docce calde, camerini comuni e privati. L'impianto era completato da una piccola vasca per il nuoto, alimentata dalla martesana e frequentta dagli abitanti del quartiere.
Docce di via Sottocorno: nel 1903 il comune istituì docce popolari calde e fredde in via Sottocorno presso l'asilo notturno Sonzogno (media annua di oltre 43.000 bagnanti)
Bagni in via Mario Pagano: nel 1906 entrò in funzione il complesso comunale di via Mario Pagano dotato di docce calde e fredde, abbinato a una grande lavatoio popolare.
Bagno Municipale al Ponte delle Gabelle: la costruzione fu iniziata nel 1910 su progetto dell’ing. Giuseppe Codara e dell’arch. Mentasti, dell’Ufficio tecnico comunale. Inaugurato nel 1916 comprendeva una grande vasca per il nuoto di 1.700 mq di superficie alimentata dalla Roggia Civica derivante dalla Martesana. Era corredata da 76 spogliatoi separati, uno spogliatoio comune, docce calde e fredde, per i bagnanti; 45 camerini separati con 56 vasche da bagno e 14 docce, servizi industriali di riscaldamento acqua, produzione vapore, lavanderia ed essicatoio. In cinque anni di attività fu frequentato da più di un milione di persone. Fino al 1932 l’acqua arrivava dalla Martesana, attraverso griglie e vasche di decantazione. Dall’estate del 1933, per l’intorbidamento delle acque del canale, la piscina venne alimentata con acque captate dal sottosuolo, con pozzi trivellati. Acqua quindi più limpida ma più fresca
Bagno municipale di via Filippo Argelati: fu aperta nel 1915 in sostituzione del Bagno Ticino. Offriva una vasca da nuoto di 1800 mq con piccola zona alberata e servizi relativi per la stagione estiva; bagni con camerini separati con vasca e doccia per tutto l'anno, servizi industriali riscaldamento di acqua, produzione vapore, lavanderia ed essicatoio. Nel 1935 era ancora alimentata dalla Roggia Boniforti, ma passò in seguito al sistema con pozzi trivellati come il Ponte delle Gabelle.
Gli anni '30 del Novecento
Con l'avvento del fascismo, fu dedicata da parte della amministrazione comunale una particolare attenzione all'educazione fisica e alla pratica sportiva in ossequio alla concezione dello sport come rappresentazione della potenza e della identità nazionale. Tra il 1929 e il 1934 furono aperte a Milano diverse piscine, ancora oggi in funzione.
Piscina Guido Romano in via Ponzio: piscina all'aperto che si aprì nel 1929 a Città Studi, prima di una serie di otto impianti cittadini che non fu completata. Progettata dall'ingegnere e architetto Luigi Secchi era intitolata al ginnasta italiano medaglia d'oro alle olimpiadi di Stoccolma del 1912 Guido Romano. La vasca principale, riservata agli adulti era costituita da un rettangolo di 100x40, con profondità varialbile da 50cmm aitre metri; nel 1932 fu aggiunta una piscina più piccola per i bambini. L'acqua era attinta da pozzi trivellati. Attorno alle vasche si trovavano edifici con i camerini e fabbricati di servizio, un'area ombreggiata e una banchina per i bagni di sole.
Piscina Lido: sempre all'aperto, si inaugurò nel 1930, per iniziativa privata della Società Anonima del Luna Park Lido di Milano. ll progetto, a cura dell’ingegnere Cesare Marescotti, prevedeva la costruzione di piscine di forme irregolari appositamente create per lo svago, giochi, un molo finto con degli scogli, attracchi e lampioni in stile veneziano, sabbia riportata, un ristorante con una pista da ballo. Fu acquistato nel 1933 dal Comune.
Piscina Virgilio Fossati di via Cambini: vasca all'aperto, con annesso campo sportivo. Sempre su progetto di Luigi Secchi fu aperta nel 1932 e funzionò fino alla metà degli anni '90.
Piscina Roberto Cozzi: La piscina coperta (intitolata al militare medaglia d'oro Roberto Cozzi) fu inaugurata il 3 maggio 1934, dopo solo 172 giorni di lavori. Opera dell'ingegnere Luigi Secchi, fu costruita con criteri tecnologici d’avanguardia, tanto da essere considerata "esemplare" in tutta Europa e degno di ospitare competizioni di livello internazionale. E' stata la prima vasca coperta in Italia e per diverso tempo una delle più grandi piscine coperte d’Europa (insieme alla piscina dell’isola di Margherita a Budapest e alla Hallenschwimmbad del quartiere Mitte di Berlino). Oggetto di un recente restauro, conserva la porta originale del vecchio bar e una lastra in marmo con incisa una frase di Gabriele d’Annunzio, “Maestri facili nell’esercitare il nuoto debbono essere tutti gli italiani della penisola, disegnata in tante rive ed emersa da tanti mari”. L’impianto è costituito da due vasche, una di 33 metri – misura ufficiale utilizzata alle Olimpiadi fino agli anni ’50 – ed un’altra di 20, tre trampolini e tre piattaforme. Bagni, docce e lavatoi per gli esterni, di cui la piscina era dotata, non sono oggi più utilizzati.
Tra il 1929 e il 1935 furono dotati di piccole piscine all'aperto alcune colonie estive cittadine e edifici scolastici di nuova costruzione.
Bagni pubblici di via Esterle: nel 1938 si aprirono i bagni pubblici di via Esterle nella zona di viale Padova con annesso lavatoio. Era un impianto di carattere popolare, adeguato alla zona. Verso via Esterle affacciava il fabbricato con le docce, mentre il lavatoio occupava il retrostante cortile con accesso da una via laterale di nuova apertura. Non aveva una vasca per il nuoto, ma solo docce e nessun bagno con vasca. Per la prima volta era presente la regolazione automatica della temperatura della doccia. Il riscaldamento del salone delle docce era a pavimento, con il sistema dei pannelli radianti, già applicato nelle terme romane. Isolamento termico del fabbricato, per ottimizzare i consumi del combustibile. Il lavatoio pubblico annesso era provvisto di 72 vasche di lavaggio costruite in cemento con graniglia di marmo; ove possibile erano state abolite le strutture in ferro e anche le condutture per la distribuzione dell’acqua erano in fibro cemento o calcestruzzo. Nei lavatoi era disponibile l’acqua calda e idroestrattori meccanici per una asciugatura preliminare della biancheria.