Augusto Osimo

Monticelli d’Ongina, 28 gennaio 1875 - Monza (Villa Reale), 22 luglio 1923
Augusto Osimo approdò nel 1902 all’Umanitaria, di cui divenne Segretario Generale (1904) e Direttore Generale (1919). In precedenza era stato Segretario dell’Università Popolare (1900), istituzione anch’essa frutto di un ambiente che coincideva con quello dell’Umanitaria.
Gli inizi
La sua formazione culturale, dopo l’istituto tecnico frequentato a Piacenza (era nato a Monticelli d’Ongina, da famiglia ebraica nel 1875), fu rafforzata alla Scuola Superiore di Commercio di Ca’ Foscari a Venezia e consolidata dalla laurea in Diritto ed Economia a Torino.
Socialista, ebbe stretti rapporti culturali e personali con Turati, Treves e tutto il gruppo riformista milanese. Tuttavia la sua missione fu l’educazione dell’uomo, del proletario, del lavoratore. Era il più adatto a raccogliere il testimone di Moisé Loria che aspirava, dedicando il suo patrimonio alla fondazione dell’Umanitaria, a creare un luogo che desse lavoro ai diseredati attraverso il loro riscatto morale e civile.
Osimo credeva fortemente nella possibilità di plasmare gli uomini facendoli padroni del loro destino, nell’apprendere un lavoro, nel perfezionarlo, nel renderlo proprio. La cultura, intesa nel senso più largo, era la sua stella polare. Non la cultura astratta o solo filosofica, ma quella legata alle cose. L’operaio che poteva diventare artigiano, l’artigiano che diventava anche artista, senza tradire le origini della praticità e della socialità. Egli diede la sua intelligenza, la sua passione, la sua vita per assicurare il raggiungimento degli obbiettivi civili e morali dell’Ente che dirigeva.
Per una scuola del lavoro
Queste alcune riflessioni di Osimo del 1916 inerenti la formazione della classe operaia, un tema che lo aveva sempre visto in prima linea, come interlocutore attento, scrupoloso, lungimirante, rigoroso:
"Noi, che dirigiamo Scuole professionali nel più grande centro industriale d'Italia, ogni giorno siamo sottoposti alla pena di vederci sottratti gli allievi - per bisogno o per imprevidenza - dopo sei mesi, un anno, un anno e mezzo di scuola. La Scuola di tirocinio per gli operai deve essere di breve durata e lasciargli capacità alla esecuzione precisa, possibilità di svolgimento delle sue facoltà, di perfezionamento delle sue abilità.
Entrato nella fabbrica, egli metterà al cimento delle rudi esigenze del lavoro industriale le modeste cognizioni ed abilità acquistate e, passato il primo periodo di disorientamento e di delusioni, si formerà valente operaio. Ma la Scuola, anche se egli è stato preso, ancor giovanetto, dalla fabbrica, deve potergli dare ulteriore perfezionamento. Ecco perché noi abbiamo sempre deplorato che i provvedimenti dello Stato per l'insegnamento professionale fossero assolutamente ingiusti nei riguardi dei Corsi e delle Scuole professionali serali, festive, di breve durata, se diurne, dirette al perfezionamento dell'operaio già professante un'arte o un mestiere.
Per molti anni ancora tali Scuole costituiranno l'istrumento più importante del perfezionamento della mano d'opera. Esse, d'altra parte, costituiscono per il sacrificio che impongono ai numerosi operai che le frequentano, un documento commovente della virtù, della forza di volere dei nostri lavoratori, costituiscono un fattore efficacissimo, oltre che di istruzione tecnica, di educazione morale: ad esse quindi devono essere dirette le cure più amorose dello Stato, degli enti pubblici, degli industriali, l'interessamento più vivo delle classi operaie".
Le iniziative più prestigiose
Le iniziative che ebbero l’impronta di Osimo furono numerosissime: dagli uffici di collocamento (in accordo con il sindacato) alle scuole di arti e mestieri, dalle scuole professionali alla Scuola di legislazione sociale, dalla casa degli emigranti alla rivista “La Coltura popolare”. La particolare attenzione dedicata al teatro, con la creazione del Teatro del Popolo, e al libro, con la Federazione delle Biblioteche popolari, fanno capire quanto fosse forte in lui la volontà di dare una educazione profonda ai lavoratori, facendoli partecipi anche della cultura estetica, fino ad allora riservata alle classi privilegiate.
L'ultima iniziativa: l'Università di Monza
In questo campo, una delle operazioni più rilevanti e più avanzate di Osimo è l’Università delle Arti Decorative, nata a Monza nel 1922, a fianco delle Esposizioni Biennali internazionali d’arte decorativa. Così ne scriveva Osimo nel 1922:
"Qui nella nostra Lombardia, a Monza, a fianco dell’Esposizione Internazionale d’Arte, fu pensata e creata l’Università delle Arti Decorative, perché all’insegnamento vario e pratico delle mostre, all’educazione che spontaneamente viene dalla bellezza della sede col giardino reale ed il parco, si unisse l’azione della scuola, di artisti ed artefici provetti, in un insegnamento informato insieme alle esigenze moderne e alle antiche tradizioni, che fosse quasi un esperimento d’applicazione del progetto di legge, al quale lo Stato non ha ancora dato attuazione".
Proprio dall’esperienza delle Esposizioni biennali Milano-Monza-Umanitaria, nacque poi la Triennale, la prestigiosa manifestazione di arti decorative e di architettura che conosciamo.
Un protagonista della Milano riformista, ricco di idee e di capacità realizzative, un uomo che visse per la cultura da offrire al popolo, pianto da tutti quando morì, ancora giovane nel 1923, dimenticato, eccezion fatta per l’Umanitaria, dall’Italia democratica e repubblicana nei decenni successivi.
Un ricordo durante i funerali
Questo un estratto dell'intervento del Presidente dell'Umanitaria, Luigi Della Torre, durante i funerali di Osimo: "Pensate che piccola modesta cosa avrebbe potuto essere l'Umanitaria racchiusa nelle strette linee del proprio Statuto se l'anima grande di Osimo, accogliendo entusiasta le primordiali tracce di un vasto programma, non avesse saputo tradurre in atto (ed è questa la grande difficoltà dell'azione) ipolesi vagheggiate e, sfrondandole da ogni utopia, affermarle tra mille contrasti e difficoltà e rapidamente creare scuole professionali fra le più reputate anche oltre i nostri confini e istituti di coltura popolare e federazioni di biblioteche e riviste dove i problemi della scuola erano magistralmente trattati e scuole di economia domestica e case dei bambini e corsi magistrali per le maestre col metodo Montessori. E i grandi quartieri popolari, i primi sorti in Italia, perché la casa bella facesse cara la famiglia a chi lavora. (...) Egli fu un apostolo, un grande apostolo di quella fede che voleva i lavoratori solo esclusivi artefici della propria elevazione e della propria fortuna".
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