Costanza, detta Nina Sullam Rignano

Scheda redatta da Eleonora Cirant

Milano, 1871 - Varese, 1945

Attività
Emancipazionista, femminista, Filantropa

Pioniera nell’assistenza sociale, è tra le più autorevoli voci di primo Novecento ad argomentare la necessità di sostituire l’assistenza pubblica alla beneficenza privata e a sperimentarla in pratica. Dedica la sua vita all’emancipazione delle donne lavoratrici, operaie e a domicilio, operando sia sul piano del diritto con la formulazione di proposte ai legislatori, che su quello formativo e dell’organizzazione dei servizi di supporto.

Nata in una famiglia ebraica benestante, riceve un'educazione moderna. Nel 1897 sposa Eugenio Rignano, correligionario livornese, che la introduce negli ambienti del socialismo democratico lombardo.

Il coinvolgimento nella Associazione generale delle operaie le fa incontrare le sue future compagne. È infatti tra le firmatarie del manifesto programmatico dell’Unione femminile del 1899, poi tra le più appassionate ed impegnate attiviste dell’organizzazione, di cui sarà presidente (1909) e da cui dovrà allontanarsi con le leggi razziali del 1938 (furono molte le donne ebree che destinarono impegno e risorse economiche al progetto della Unione femminile nazionale e di altre associazioni della filantropia milanese).

La padronanza delle lingue straniere, unita allo studio delle riforme sociali all'estero, le permette di redigere sia i regolamenti delle istituzioni che contribuì a fondare e organizzare, sia di suggerire disegni di legge al governo. Sostenne infatti con analisi e inchieste la promulgazione di una legge sul lavoro di donne e minorenni (1902) e, in collegamento, la formazione delle prime Ispettrici di fabbrica che avevano il compito di controllare che la legge fosse applicata.

Dell’Asilo Mariuccia, istituzione fondata nel 1902 e volta al recupero di bambine e donne avviate alla prostituzione, fu non solo finanziatrice ma anche autrice dello statuto e responsabile della selezione del personale.

Insieme ad Ersilia Bronzini supportò le "piscinine", piccole lavoranti di sartoria, durante lo storico sciopero del 1902.

Una categoria di lavoratrici cui si dedicò in modo particolare furono le domestiche, tra le quali era forte la componente migratoria e in cui erano impegate molte minorenni. All’Ufficio di collocamento e alla Pensione-dormitorio per le domestiche, allestiti entrambi nella sede dell’Unione femminile, N.R.S. dette un fondamentale contributo. Contribuì alla causa di questa categoria anche come relatrice a convegni nazionali e internazionali e nell’ambito di Commissioni d’inchiesta sul lavoro.

Durante la prima guerra mondiale parteggiò per l'interventismo, in dissidio con Ersilia Bronzini Majno, pacifista. Il rapporto di profonda amicizia che le legava fu messo duramente alla prova dalla diversità di idee politiche e solo successivamente recuperato.

Mentre, con l'avvento della temperie nazionalista, Ersilia si distaccava definitivamente dall'Unione femminile per dedicarsi totalmente all'Asilo Mariuccia, Nina proseguiva l'attività nell'organizzazione che insieme avevano contribuito a far nascere e prosperare. Al Congresso del 1923 a Roma, organizzato dall’UFN, dal Consiglio nazionale delle donne italiane e dal Comitato Pro suffragio, fu relatrice sul tema dell’insegnamento di economia domestica come preparazione del personale di servizio.

Continuava infatti ad occuparsi del lavoro delle donne. Insieme a Graziella Sonnino e Ada Treves Segre, si dedicò ad una scuola di riavviamento al lavoro per le donne che venivano licenziate dagli stabilimenti, dopo avervi trovato lavoro al posto degli uomini mandati al fronte.

Continuava nel frattempo ad occuparsi dell'Asilo Mariuccia. Insieme ad Ersilia Majno, Clara Ferri (un'altra Unionista) e Vittoria Gabriolo sostenne la necessità di esonerare le bambini ospiti dall'obbligo di istruzione religiosa quando la Riforma Gentile obbligò a scegliere che posizione prendere.

Sempre in tema di lavoro, fu relatrice al Congresso dell’Alleanza internazionale per il suffragio e l’azione civile e politica delle donne, nel 1929 a Berlino. Con Lidia Cantoni fu sostenitrice dell’assistenza domiciliare sanitaria.

Nonostante per persecuzioni che seguirono alle leggi razziali del 1938 non lasciò l'Italia e cercò rifugio a Tramezzo, Alassio ed altre località.

Morì a Varese in solitudine, poco dopo la Liberazione.

Bibliografia: R. Farina, Dizionario biografico delle donne lombarde, Baldini&Castoldi, 1995