Comunità srilankese di Milano

Esistente dal 1980
Religione buddista, induista, islamica
"Lacrima dell'India"
I srilankesi sono arrivati in Italia da quella che è chiamata, per conformazione e prossimità, la “lacrima dell’India”, una lacrima verde, di savana pianeggiante a nord e di altopiani e foreste a sud. Lo Sri Lanka è di fatto separato dall’India da una manciata di chilometri di Oceano Indiano, lo stretto di Palk, con acque basse e una serie di isolotti rocciosi che, secondo la tradizione indù, tracciano il cammino del dio Rama, come si può leggere nel poema epico Ramayana.
Lo Sri Lanka è un concentrato di storie e culture differenti, di invasioni e colonizzazioni - prima i portoghesi, nel XVI secolo; poi gli olandesi, XVII; infine i britannici, nel XVIII secolo, una colonizzazione durata 146 anni - che hanno prodotto un mix di popoli e di religioni. Dagli arabi era chiamato Serendib, da cui serendipità, termine coniato a metà Settecento dallo scrittore inglese Horace Walpole, per indicare quella condizione di pace e accettazione del destino, la “capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte, specialmente in campo scientifico, mentre si sta cercando altro”, secondo la definizione Treccani. La greca Taprobane diviene la britannica Ceylon, da Shinala, isola dei leoni, fino ad arrivare, con l’indipendenza dalla Gran Bretagna (4 febbraio 1948) e la proclamazione della Repubblica (1972), alla denominazione Sri Lanka, dal sanscrito “isola risplendente”.
L’isola conta una maggioranza di etnia singalese, di religione buddista theravada, seguita dai tamil (nel nord dell’isola, attorno a Jaffna), di religione induista, poi dai musulmani, i discendenti dei navigatori emigrati dall’India, dai burgher (i successori dei coloni occidentali, per lo più olandesi) e da piccole comunità di indiani e cinesi.
Gli arrivi in Italia
Agli inizi gli immigrati trovano impiego in lavori di cura domestica e della persona e, talora, la migrazione è di lavoratori in imprese italiane dislocate in Sri Lanka. L’Italia è spesso una meta considerata provvisoria, di ripiego, per le allora condizioni favorevoli di ingresso rispetto ad altri Paesi, e Milano è una delle mete privilegiate, come capitale del lavoro e degli affari, così come il nord Italia in genere. Seguono Napoli, Roma e Verona. L’etnia predominante in Italia e a Milano è la singalese, con piccole presenze tamil e, secondo uno studio datato 2013 del Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, la comunità srilankese in territorio italiano è una comunità giovane: con un 23,6% minorenne (soli o a seguito di familiari) e un 47% tra i 30 e i 49 anni.La migrazione verso l’Italia inizia, con una prima timida onda, soprattutto femminile, già negli anni Settanta del secolo scorso, grazie ai rapporti tra le istituzioni cattoliche italiane e srilankesi. Ma è la seconda ondata la più consistente, negli anni Ottanta, quando i srilankesi fuggono dalla guerra civile iniziata nel 1983, tra governo e organizzazione estremista delle Tigri Tamil (Tigri di Liberazione del Tamil Eelam) e, alla conseguente crisi economica. Una migrazione che perdura per tutti gli anni Novanta, aiutata da provvedimenti legislativi italiani - si veda la legge n. 617 del 9 dicembre 1996 sul ricongiungimento familiare - che riequilibrano il numero delle presenze maschili e femminili.
A Milano i srilankesi, oltre a trovare impiego nel settore domestico, iniziano una tradizione di lavoro come portieri e custodi (condomini, uffici, garage), nella ristorazione, in mini market e nella vendita di prodotti tipici.
I primi arrivati, per una serie fortuita di circostanze e di passaparola, si insediano nella zona di Sant’Agostino, tanto che la via Cesare da Sesto viene tuttora denominata Little Sri Lanka, per il susseguirsi di negozi, mini market, bar, fast food, servizi alla persona, tutti gestiti da srilankesi. I primi insediamenti furono molto aiutati dall’Associazione Arcobaleno, che si prodigava in corsi base di italiano e in offerta di spazi di ritrovo, fino ad arrivare alla costituzione del primo tempio buddista srilankese a Milano, in via Pienza (Chiesa Rossa), il tempio Lankaramaya, grazie all’impegno finanziario e morale di gran parte della comunità.
Proprio il tempio, con le sue funzioni e le sue feste, tra cui, a maggio, la processione di Vesak per le vie del quartiere, la ricorrenza in cui si celebra la nascita, l’illuminazione e la dipartita di Buddha Shakyamuni, resta il luogo ideale per poter conoscere le tradizioni di un Paese così lontano, ascoltare storie e assaggiare il cibo.
Esiste anche una minoranza cattolica che si ritrova nelle chiese di Santo Stefano e di Sant’Antonio di Padova (zona Farini).
Caratteristica della comunità, soprattutto dei primi arrivati e delle prime generazioni, è un forte attaccamento alla tradizione, alla lingua, al culto, alle usanze e una certa chiusura rispetto a un’integrazione che sentono come dispersiva delle radici. Ma i tempi sono cambiati anche grazie alle seconde generazioni che, pur educate in ambienti conservatori, sono ben inserite nel luogo in cui sono nate e cresciute, con una tendenza, tra molti giovani, al recupero spontaneo delle proprie origini e a una forte spinta imprenditoriale e associativa che tende a includere piuttosto che a separare.
Attivo a Milano è il Lotus Club, creato dai giovani Sampath Jayaesekara, studi allo IED, product designer e marketing, prematuramente scomparso, e Malindu Perera. Un ‘associazione di giovani universitari e di laureati e specializzati che, con grinta e grande preparazione, cercano di farsi strada nel mondo del lavoro.