Commissione dell'Emigrazione Trentina di Milano

Scheda redatta da Francesco Lisanti

Servizi assistenziali, Aggregazione

Sede
Commissione dell'Emigrazione Trentina di Milano, sede di via Silvio Pellico (1914 - 1919)

Sede operativa
Commissione dell'Emigrazione Trentina di Milano, sede di via Telesio (1915 - 1925)

Sede operativa
Colonia per i profughi della Commissione dell'Emigrazione Trentina di piazza d'Armi (1916 - 1919)

I primi fuoriusciti

Quando il 28 luglio l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia nel Trentino furono in molti a pensare che le terre irredente non sarebbero più state né sicure né immuni dal conflitto. Chi fu nelle condizioni di poterlo fare, fuggì. Gli studenti si recarono a Padova, la borghesia a Roma e Firenze, ma a Milano trovarono rifugio i più. Già dopo la prima metà di agosto erano giunti nella città lombarda Cesare Battisti, Guido Larcher e Giovanni Pedrotti, attivi da decenni sul fronte dell'irredentismo. Questo rappresentò però un problema politico oltre che sociale. Chi scappava dalle terre che rivendicava come italiane si rifugiava infatti in un paese che si era dichiarato neutrale, generando non pochi imbarazzi in chi lo accoglieva.

Il Senatore Ing. Carlo Esterle, presidente della Commissione dell'Emigrazione Trentina di Milano e dell'Associazione Politica Italiani Irredenti a Roma (Il martirio del Trentino, Trento 1921)

Così grazie alla spinta dei primi fuoriusciti venne fondata a Milano la Commissione dell'Emigrazione Trentina, distaccata formalmente dal Circolo Trentino già attivo in città da fine Ottocento, ma sostanzialmente formata dagli stessi uomini e donne, con lo scopo di aiutare chi fuggiva nel Regno. 

La Commissione iniziò la sua attività a fine agosto del 1914, più di fatto che di diritto, non avendo un vero e proprio statuto o un'approvazione legislativa. E' del 21 settembre una lettera a stampa nella quale si chiedeva agli invitati di intervenire ad un ritrovo privato al Ristorante Cooperativo Aurora "allo scopo di tenere - in questi momenti decisivi per le sorti del nostro paese - affiatati tutti i trentini residenti a Milano e poter prendere eventuali deliberazioni". Due settimane dopo questa prima riunione la Direzione dei soci della Commissione, con la presidenza affidata al Senatore Carlo Esterle, si radunò per discutere gli urgenti problemi causati dalla guerra, fra cui l'arrivo di moltissimi profughi, non solo dalla loro provincia d'origine, ma da tutta Italia. Gino Marzani, con uno stipendio di 300 lire, ne fu nominato segretario. 

Un punto di riferimento per i Trentini

I mezzi di assistenza furono innanzitutto forniti dal Circolo Trentino, che esaurì in questa impresa tutti i propri fondi, dalla società Dante Alighieri, che contribuì versando alla Commissione 87.000 lire, dalla Trento e Trieste, e da enti, comitati di beneficienza e singoli privati milanesi. Dal giugno del 1915 in poi, con l'entrata in guerra dell'Italia, il supporto fu dato anche dal Comune e dalla Prefettura di Milano, prima con il marchese Giovanni Cassis e poi con il conte Filiberto Olgiati. Oltre alle somme erogate ai profughi la Commissione con i soldi raccolti organizzò anche un ufficio statistico dei sussidi, in modo da avere un quadro completo dell'assistenza data alle singole persone che ne facevano richiesta; venne istituito inoltre un ufficio di collocamento, che in collaborazione con gli omologhi del Comune e dell'Umanitaria trovasse un impiego a chi era in grado di lavorare, alleviando così anche una parte della richiesta di sussidi, che quindi potevano essere diretti ad altri più bisognosi.

Milano, Cesare Battisti nell'Ufficio Stampa e propaganda della Commissione dell'Emigrazione Trentina (Fondazione Museo storico del Trentino, Archivio fotografico)

Giuseppe Bazzarella ad esempio, di anni 33, con quattro figli, guadagnava 5.50 lire al giorno con il suo lavoro e veniva ulteriormente sussidiato dalla Commissione con altre 6 lire; Agostinelli Maria, vedova Bertapelle, con un figlio ricoverato all'Istituto Derelitti, era impiegata nella cucitura di uniformi per i soldati al fronte, e veniva aiutata dai trentini con altre 5 lire.

La maggior parte di coloro che fuggivano dalle proprie case non riuscivano a portarsi via nulla, nemmeno lo stretto indispensabile. Avevano bisogno di tutto, perfino di attestazioni di identità e di buona condotta. In fondo fuggivano da uno stato con la quale l'Italia era entrata in guerra tradendo un'alleanza trentennale, e intorno a chi giugneva nel Regno c'era sempre un clima di diffidenza. Non avendo preso con sé nessun documento personale, nulla riguardo alla professione svolta, agli studi compiuti, o ad una certificazione di una certa penalità (quello che oggi sarebbe il casellario giudiziario), i profughi si rivolgevano così alla Commissione che mediava con la Prefettura rilasciando loro attestazioni di ogni specie, con validità ufficiale. Dal 1916 al 1918 la Commissione diede oltre 5.000 attestazioni. Appoggiandosi all'Opera Bonomelli, all'Umanitaria e all'Ufficio di Censimento Profughi mise insieme anche un'efficente opera di trasmissione postale per quelle famiglie che si erano ritrovate su tutta la penisola. Pubblicò inoltre, fra l'agosto del 1915 e l'aprile del 1916, cinque numeri di un bollettino che conteneva estese liste di trentini allontanatisi dalle zone di guerra o prigionieri negli internati in Austria. 

Persone e memorie

Il ruolo della Commissione si ampliò sempre di più e divenne fondamentale con l'arrivo dell'ondata di profughi dalla Valsugana e dalla Valle Lagarina, nel maggio 1916, con la creazione e la gestione della Colonia dei profughi trentini. Giovanni Pedrotti la definì una delle più efficienti d'Italia. 

Milano, via Telesio, sede della Commissione dell'Emigrazione Trentina, febbraio 1915 (Fondazione Museo storico del Trentino, Archivio fotografico)

Sempre in quell'anno, nel "Bollettino della Emigrazione Adriatica e Trentina" di settembre, venne fatta una richiesta ai profughi, agli scappati e agli sfollati:

"Per incarico degli altri Comitati, Milano fu designata a raccogliere i documenti e i ricordi dell'attuale guerra di redenzione e della nostra lotta nazionale. [...] Agli Italiani che non hanno vissuto con noi questo ultimo cinquantennio di lotta nazionale, molte cose deve apprendere la nostra vicenda, quale si è svolta in questo mezzo secolo di fronte ai più moderni meccanismi statali e ai più larghi intrecci di interessi economici e politici, ossia di fronte a quella cosiddetta cultura moderna che oggi soltanto si è rivelata, come veramente è, nient’altro che organizzazione di raffinata barbarie. Alle giovani generazioni dei nostri conterranei, che si affacciano alla vita assistendo a questa tremenda battaglia di popoli, i documenti e i ricordi delle nostre ultime fortune significhino quanto ancora di vigile opera nazionale, con grandi sacrifizi e con salda disciplina, dovranno dare essi a difesa e consolidamento della civiltà italiana;

Oltre alla salvezza delle persone la Commissione si prese quindi l'impegno di raccogliere e conservare la loro memoria. Perché nessuno dimenticasse le loro storie. Anche a partire da queste nacque nel 1919 il libro "Il martirio del Trentino", stampato in una terza edizione nel 1921, con all'interno fotografie e storie raccontate fra gli altri da Gino Marzani, Ottone Brentari, Alcide De Gasperi e Giovanni Pedrotti.