Alessandro Schiavi

Cesenatico (Forlì), 1872 - Forlì, 1965

Alessandro Schiavi nasce il 30 novembre 1872 a Cesenatico (Forlì).

Nel 1895 si laurea in giurisprudenza a Roma, dove studia con Antonio Labriola. Collabora come giornalista e redattore con diversi periodici e con il quotidiano “Avanti!”.

Trasferitosi a Milano, in virtù del suo interesse per la condizione operaia e i problemi dell’edilizia popolare, ricopre l’incarico di direttore dell’Ufficio del Lavoro alla Società Umanitaria dal 1903 al 1910 (una sorta di moderno Ufficio Studi, anticipatore di molte inchieste statistiche e sociologiche), succedendo a Giovanni Montemartini, contemporaneamente nominato a Roma direttore dell'Ufficio del Lavoro (l'odierno Istituto di Statistica).

Nel 1904 Schiavi pubblica per la Società Umanitaria le inchieste sulle condizioni dei lavoratori delle risaie e dell’industria dei mobili in Brianza e studi riguardanti gli scioperi, le vertenze e le serrate a Milano, la disoccupazione e le condizioni dei lavoratori delle campagne nella provincia. Egli inoltre favorisce la creazione dell’Ufficio per la tutela degli emigranti temporanei in Europa (divenuto presto l'Ufficio dell'Emigrazione) ed elabora i dati necessari per l’allestimento di un Ufficio di collocamento e di una Cassa di sussidi per i lavoratori disoccupati di Milano, sul modello di Gand.

L’attività prosegue efficacemente nel 1905 con la pubblicazione di tre studi, il primo relativo alla disoccupazione, il secondo all’industria del bucato e il terzo ai regolamenti di fabbrica. Sotto la sua direzione l’Ufficio del Lavoro promuove inoltre l’apertura dell’Ufficio di collocamento del personale femminile e dell’Ufficio di collocamento degli operai e delle operaie delle industrie, in sodalizio con la Camera del lavoro e l'Unione Femminile. Di particolare interesse, la sua attività rivolta alla Scuola pratica di legislazione sociale, nata per preparare i candidati ai posti di aiutanti ispettori del lavoro, la cui importanza è sottolineata da Schiavi sul bollettino dell’Umanitaria, dove si rimarca che anche la classe operaia vuole dotarsi “degli istrumenti e degli organismi atti a preparare e a foggiare i capitani dell’industria”.

Durante l’Esposizione del 1906, al I° Congresso internazionale per la lotta contro la disoccupazione, Schiavi tiene una relazione sull’attività svolta in merito dall’Umanitaria, soffermandosi “sull’opportunità e sull’obbligo per gli Enti morali di integrare gli sforzi previdenti dei lavoratori organizzati per premunirsi contro i danni della disoccupazione”. Nel novembre del 1910, con la nomina a direttore dell’Istituto per le case popolari, lascia l'incarico alla Società Umanitaria, dopo anni di impegno intenso e determinante.

Per due mandati, nelle giunte socialiste Caldara (1914) e Filippetti (1922), è assessore del lavoro. Viene nominato presidente dell’istituto dei Ciechi, dell’associazione Alleanza Cooperativa, che lui stesso aveva fondato, e dell’Università popolare.

Il 4 aprile 1917, succedendo a Enrico Arienti, diviene presidente dell’Ospedale Maggiore, carica che ricoprirà fino al 1921.

L’Italia è in guerra, l’Ospedale deve affrontare l’aumento dei ricoveri (fino a 4000 presenze giornaliere) e un conseguente grandissimo sforzo economico. L’attività di innovazione e ricerca, di fronte a una situazione emergenziale, passa logicamente in secondo piano. Tuttavia negli anni della presidenza Schiavi, nonostante le difficoltà, l’Ente riesce ad accorpare nel complesso degli Istituti Ospedalieri l’Istituto Antirabico, a costituire l’Ente Morale della Scuola Tignosi, ad aprire un reparto per tubercolotici dentro il carcere di San Vittore, a elevare di un piano il Padiglione di Meccanoterapia e il Padiglione Ponti, ad ampliare altri padiglioni, a costruire gli impianti per la pastorizzazione del latte, che i fittabili delle proprietà rurali dell’Ospedale erano tenuti, per contratto, a fornire, avviando anche all’interno una sorta di mini caseificio per la preparazione del burro. Viene anche istituita la Scuola per Infermiere con sede presso l’Ospedale Ciceri.

Per ovviare alla mancanza di fondi si rende necessario un intervento dello Stato attraverso un mutuo acceso presso la Cassa di Risparmio e una razionalizzazione rigorosa della spedalità dei Comuni, che, versando in condizioni economiche spesso disastrose, quasi sempre non sono in grado di rimborsare le spese di degenza dei ricoverati poveri che, nel comune di residenza, hanno il proprio “domicilio di soccorso”.

Benché siano anni problematici, si guarda comunque al futuro e al progetto di un nuovo grande ospedale: nella seduta del 15 maggio 1917 il Consiglio autorizza il presidente “a stipulare con il Comune di Milano una convenzione preliminare per la fornitura di servizi pubblici” al terreno scelto “in fregio alla strada Valassina a nord della villa Lonati per la costruzione di nuovi padiglioni ospitalieri”. È il primo passo per l’edificazione del nuovo ospedale di Niguarda, che verrà però inaugurato solamente nel 1939.

I rapporti di Schiavi all’interno dell’Ospedale non sono sempre stati privi di contrasti. Convinto socialista militante (Schiavi era già stato schedato fin dal 1896 e, per sfuggire alla dura repressione di Bava Beccaris del 1898 era addirittura stato costretto a fuggire in Svizzera), fu spesso criticato e osteggiato, fino a venir denunciato da un ex presidente, Carlo Ottavio Cornaggia Medici Castiglioni, rientrato nel 1917 nel Consiglio di Amministrazione, al Consiglio degli Istituti Ospitalieri di Milano, con richiesta di decadenza dalla carica di presidente, perché con alcune sue dichiarazioni “avrebbe rinnegato gli ideali della nostra guerra e frustrato il sangue per essa versato dai nostri figli” e “mentre il tedesco calca ancora il suolo italiano non sente il dovere di tenere alto lo spirito della Nazione, perché questa abbia a resistere e a vivere nel nome della giustizia e della libertà”. La denuncia non viene presa in considerazione perché la questione esula dalle competenze dell’Amministrazione ospedaliera ma è comunque indizio di un’atmosfera molto pesante e di condizioni di lavoro assai difficili.

Forse anche per questa guerra interna senza esclusione di colpi, Alessandro Schiavi si dimette il 31 maggio 1921, un anno prima della scadenza naturale del mandato.

Negli anni successivi, pur senza nascondere le sue idee antifasciste e mantenendo stretti contatti con gli antifascisti militanti, continua la sua attività di studioso e di intellettuale, collabora con la casa editrice Laterza, con Benedetto Croce, scrive la biografia di Filippo Turati, con cui aveva avuto un lungo rapporto professionale, di stima reciproca e di amicizia, e cura il carteggio tra Turati e Anna Kuliscioff.

Riveste per molti anni, l’incarico di presidente dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Forlì. Eletto senatore socialdemocratico nella seconda legislatura della Repubblica (1953-1958) nel Gruppo Libero-Social-Repubblicano, di cui è il segretario, rivela una forte aspirazione europeista nella Rappresentanza del Parlamento Italiano all’Assemblea della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), in cui è presente come vice presidente, per tre anni, dal 1954 al 1957.

Muore nel 1965 a Forlì, nella sua Romagna, alla cui ricostruzione, dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale, aveva dedicato un appassionato impegno.

 

Bibliografia e fonti

  • G. C. Bascapè, I presidenti dell’Ospedale Maggiore di Milano 1863 - 1942, Milano, Istituti Ospitalieri, 1943
  • Niguarda un ospedale per l’uomo nel nuovo millennio, a cura di A. Crippa e V.A. Sironi, Cinisello B., Silvana Editoriale, 2009
  • www. lombardiabeniculturali.it
  • www.policlinico.mi.it/AMM/beni_culturali
  • www.ilsocialista.com