Per MilanoAttraverso Monumento_Specific  ha focalizzato la sua ricerca su 4 monumenti di altrettanti personaggi storici, che hanno rappresentato una forte volontà di trasformazione del contesto sociale sul tema dell’accoglienza.

Come questi monumenti diventano spazi di relazione in grado di accogliere o respingere i cittadini. In questo scenario i monumenti divento luogo di accoglienza, non solo per la storia del personaggio che evocano, ma per la forma e il rapporto sensibile che suscitano in chi li approccia.
Monumento_Specific è un progetto di Simona Da Pozzo (Artista ricercatrice di Ex-Voto Association for Radical Public Culture) ed Alvise Campostrini/Alessandro Manzella (attori e autori de LeCompagnieMalviste) prodotto da Non Riservato.

L’ultimo monumento al centro della ricerca è dedicato a Francesca Cabrini, religiosa italiana che a fine Ottocento fondò più di 50 istituti assistenziali nelle Americhe, e che fu nominata nel 1950 patrona degli emigranti. Nata da una famiglia di contadini, la sua fu una vocazione molto precoce. Nel 1889 partì per gli Stati Uniti per lavorare in soccorso agli emigrati italiani, che al tempo erano trattati alla stregua di schiavi e disprezzati dagli americani.  

Il memorial Francesca Cabrini, realizzato dall’architetto svizzero Mario Botta, rappresenta l’unico monumento di tutta Milano dedicato a una donna.

Il tetraedo punta la sua luce verso il basso. Questo volume geometrico puro, disegnato con linee nette, indica un punto tra le colonne dell’arco centrale che separa piazza duca d’aosta dal portico della Galleria delle Carrozze della Stazione Centrale di Milano.
L’enorme tetraedo si incunea nella facciata offrendosi come visione bidimensionale: un triangolo indicante l’accesso centrale alla stazione posto in modo da esasperare le simmetrie dell’edificio.

La sua tridimensionalità si perde nell’arco, lasciandosi cogliere solo dal passante che obbedisce al diktat indicativo e passa nel punto evidenziato dalla geometria luminosa.

Il monumento segna l’ingresso o l’uscita della stazione, dipende dai punti di vista. È un monumento dedicato ai migranti. Un porta fortuna. Un ex voto? Un cippo commemorativo? Un monito? 
La sua vocazione, nonostante lo statement che lo ha visto ereggere, è ambigua.
Non pare un amuleto rivolto alla fruizione di chi avrebbe bisogno di essere protetto. Il suo punto di osservazione migliore infatti è quello che sia ha avvicinandosi da lontano, preferibilmente dalla piazza della Repubblica.
Il tetraedro, monumentale se visto da vicino, diventa invece un segno grafico, un complemento architettonico alla struttura potente della stazione, se visto da lontano. L’approccio si rivela in tutta la sua algida visione da rendering.

Con le ultime ristrutturazioni e adeguamenti di Piazza Duca d’Aosta si crea una strano nonsense visivo: il luogo indicato, puntato, messo con tanta energia in rilievo dalla “dimensione freccia” di questo monumento, è stato completamente impallato da elementi funzionali all’accesso alla metropolitana. Un ascensore, un lucernario e uno stand per eventi sembrano voler nascondere il centro del discorso di questa istallazione luminosa.

Aggirandosi sotto l’installazione, velocemente si intuisce quel che oggi nasconde e rivela il tetraedro. Furgoni militari, macchine della polizia, uomini che attendono (forse un lavoro o che il tempo passi semplicemente senza danni).
Odori, musiche da altrove, viaggi della speranza e senso del controllo.

Per rileggere questo monumento come opera dedicata ai migranti, la si dovrebbe riconcettualizzare e pensarla come una opera performativa composta dall’insieme dell’oggetto luminoso e delle persone che si lasciano guidare  ogni giorno e ogni notte dal suo vettore.

Credits. Immagine e testo Cabrini: Simona Da Pozzo.